Stamattina Moody’s comunica ai cittadini del mondo che diversi Paesi dell’Eurozona potranno andare in default. Il comunicato originale recita:
“The probability of multiple defaults … by euro area countries is no longer negligible. In Moody’s view, the longer the liquidity crisis continues, the more rapidly the probability of defaults will continue to rise. A series of defaults would also significantly increase the likelihood of one or more members not simply defaulting, but also leaving the euro area. Moody’s believes that any multiple-exit scenario — in other words, a fragmentation of the euro — would have negative repercussions for the credit standing of all euro area and EU sovereigns.
Che, tradotto significa più o meno significa: “La probabilità di fallimenti multipli di Paesi dell’Eurozona non è più trascurabile. Secondo Moody’s, se la crisi di liquidità continuerà aumenteranno ancor più rapidamente le probabilità di default. Una serie di fallimenti aumenterà la possibilità che uno o più membri non si troveranno soltanto nella condizione di fallimento ma anche in quella di uscire dal sistema dell’Euro. Moody’s ritiene che un simile scenario di uscite multiple dall’Euro – in altre parole una frammentazione dell’Euro – avrebbe significative ripercussioni su tutti i crediti sovrani dell’area dell’Euro e dell’Unione Europea”.
Che dire? Quest’ultima bordata della faccia “pulita” della speculazione internazionale dimostra ancora una volta che il problema dei debiti sovrani è una truffa. Ossia: il problema non sono i debiti sovrani, il problema di base è l’Euro e come l’Euro è stato gestito soprattutto dalla Germania e dalla Francia. L’abbiamo già scritto: una moneta priva di direzione politica, affidata ad una economia di riferimento (quella tedesca) che si è arricchita a spese del resto d’Europa non poteva reggere per oltre dieci anni senza conseguenze. La speculazione internazionale, anno dopo anno, ha fiutato odore di ottimi affari e non si sta lasciando sfuggire l’occasione.
Vorrei soltanto far riflettere i miei lettori su un dato nazionale, ossia l’andamento dei tassi lordi dei BoT semestrali emessi dal Tesoro dall’inizio dell’anno. Forse la risoluzione del grafico sopra non è molto chiaro ma il succo è questo: per sei mesi sino al 27 giugno il tasso è rimasto sotto il 2% ed ha cominciato a salire da luglio sino ad arrivare ad assestarsi (in crescita) sino a tre giorni fa. Ragioniamoci sopra. A gennaio il rapporto tra il PIL dell’Italia e il debito non era diverso da quello di oggi. Anzi secondo i dati Istat nel 2010 ci si era attestato intorno al 118,4% e alla fine del 2011 dovrebbe tornare intorno al 119%. Insomma una variazione che non sorprende nessuno. Situazione grave? Certo ma c’è chi è messo peggio. Si può obiettare che noi non cresciamo da tempo e si può ragionevolmente pensare che il rapporto Debito/PIL peggiorerà. D’accordo. Ma anche delle previsioni di peggioramento di questo tipo non autorizzano per nulla una crescita del tasso dei BOT di cinque punti in quattro mesi.
Voglio dire ancora una volta che il debito sovrano non c’entra nulla. Il debito sovrano è sotto attacco non perché gli speculatori si siano accorti improvvisamente che in Italia qualcosa non andava. Tutti conoscevano perfettamente la situazione. Soltanto che ora c’è un interesse specifico a colpire l’Italia per le stesse ragioni per le quali sono stati colpiti gli altri Paesi prima di lei. Osservate come procede la speculazione: attacca un Paese, costringe a far arrivare risorse “di salvataggio” (sempre insufficienti) e poi passa ad un altro Paese ripetendo l’operazione sino a quando anche qui arrivano altri fondi (dalla BCE o dal FMI è lo stesso). Era ciò che scrivevo un anno fa: si salta di Paese in Paese esaurendo le risorse disponibili. La speculazione sa benissimo che i fondi non sono infiniti e sa benissimo che la Germania (che di fatto controlla l’economia europea) non ha nessuna intenzione di salvare gli altri mettendo a repentaglio se stessa. Nel post precedente dicevo che la Germania sta cercando di capire cosa le conviene fare: lasciare che alcuni Paesi escano dall’Euro o trattenerli. La paura tedesca è quella di trovarsi poi con un mercato europeo chiuso. E, poiché l’80% di ciò che la Germania vende viene comprato dagli altri europei, occorre trovare acquirenti extraeuropei in fretta. Non si tratta di una operazione semplice e rapida, occorre tempo. La scommessa è lasciare meno tempo possibile alla Germania. La mia previsione è che i tedeschi possono reggere nel dubbio per un paio di mesi. Al più tardi decideranno e probabilmente decideranno di lasciare uscire dall’Euro quei Paesi che non rappresentano mercati significativi. Perdere un 10%-15% del mercato sarebbe ancora accettabile. Paradossalmente quel che può tenerci dentro l’Euro è il fatto che compriamo molte automobili tedesche e molto altro ancora “made in Germany”. Sempre che la situazione non peggiori.