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Economisti prezzolati

12 mercoledì Set 2012

Posted by Ars Longa in Economia, Politica italiana

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Crozza, Francia, Mario Monti, Monde Diplomatique, Montezemolo, NoiseFromAmerika, Oscar Giannino, Rutelli

Mario Monti ritiene che essere stati sul libro paga delle grandi banche internazionali sia un titolo di merito. In altre parole l’economista “fa curriculum”, diventa competente e questo è un dato importante per tutti noi.
In Francia la pensano diversamente. Qualcuno si è accorto che un economista pagato da una banca fa gli interessi della banca stessa. Bella scoperta direte voi. Però bisognava dirlo. Tutto è successo perché Le Monde Diplomatique del marzo 2012 ha denunciato che i principali economisti francesi (guarda caso tutti neoliberisti) percepivano lauti guadagni dalle istituzioni finanziarie e bancarie. A rincarare la dose è arrivato un documentario intitolato Les nouveaux chiens de garde (I nuovi cani da guardia) di François Ruffin, poi un libro di Laurent Maudit: “Les imposteurs de l’economie” (Gli impostori dell’economia). Tra il 6 e l’8 luglio di quest’anno ad Aix-en-Provence c’è stato un dibattito sull’argomento ai “Rencontres Economiques”.
Gli americani ci avevano pensato sei mesi fa, i francesi arrivano adesso e si parla di contrasto alla corruzione intellettuale L’Osservatorio francese per le congiunture economiche (Ofce) ha adottato una carta che impone ai collaboratori di rivelare i loro agganci nel settore privato. Stessa cosa ha fatto l’Ecole d’Economie di Toulouse seguita a ruota da quella di Parigi.
In Italia invece tutto tace. Non sappiamo nulla degli interessi dei giornalisti economici e dei loro contatti con le banche e le industrie che, dalle pagine dei loro giornali, lodano pi o meno scopertamente. Non sappiamo nulla degli interessi dei professori universitari che arrivano in televisione a spiegarci l’economia in salsa neoliberista.
Addirittura il tanto sbandierato partito dei giovani leoni di NoiseFromAmerika capitanato dal “giornalista” di Radio24 Oscar Giannino non ci pensa neanche a far sapere ai possibili elettori se e in che misura i suoi aderenti (firmatari? simpatizzanti? Come si chiameranno tra loro?) hanno collegamenti d’affari con banche e istituzioni finanziarie. Il vizietto di moralizzare il prossimo e farsi gli affari propri è una costante dell’italiano medio che sia residente nel Belpaese oppure sia emigrato in cerca di fortuna.
Mesi fa avevo scritto un post a proposito di Luca Cordero di Montemezolo e della sua gran voglia di farsi un partito dei padroni. Mesi dopo anche il comico Crozza aveva scoperto il personaggio e ne aveva immortalato le velleità con l’ormai famosa “gag” dell’”Italia dei Carini”. Adesso Montezemolo cinguetta con Giannino e con i giovanotti di NoiseFromAmerika. Tutto quadra.
Qualcuno potrebbe dirmi: “non sei un po’ troppo preoccupato? Non credi che i veri problemi siano altrove, Beppe Grillo ad esempio?”.
Chiariamoci: non sono preoccupato. Oscar Giannino non mi preoccupa perché è un fenomeno mediatico che sta in piedi finché ha qualche trombetta a cui dar fiato. Ogni tanto suona la trombetta neopopulista del “meno Stato e più mercato” tra gli sbadigli generali, ogni tanto dà fiato al trombone dei presunti imprenditori italiani che potrebbero cambiare il mondo (e tutti sanno che in Italia l’imprenditoria non esiste). Non mi preoccupa Montezemolo che, al di là dell’immagine non ha mai prodotto nulla di concreto e non sa articolare alcuna proposta sensata. Non mi preoccupano quelli di NoiseFromAmerika perché il soi disant partitucolo che dovrebbe formarsi intorno al manifesto “Fermare il declino”. In primo luogo perché il manifesto è una ridicola accozzaglia di idee rifritte e stantie, in secondo luogo perché gettare la maschera e sperare di rientrare a casa attraverso la politica (loro che dicevano che la politica mai l’avrebbero fatta) li qualifica come parte integrante del mediocrismo italiano e del voltagabbanismo familistico tanto caro alle nostre tradizioni.
Non è tempo di partitini, ci ha provato Rutelli sgomitando al centro e non c’è riuscito, figuriamoci Giannino e soci.
Non sono preoccupato di questo. Constato soltanto il pessimo stato di forma etica degli economisti italiani. Non è una novità. Li vedo tutti i giorni e so benissimo che la cattedra serve soltanto a stipulare interessanti collaborazioni con imprese e banche. Interessanti sotto il profilo dei soldini.
Constato che una intera categoria, quella degli economisti si sta avviando come nella leggenda dei lemming verso il precipizio. Non solo in Italia. In Italia però anche le tragedie hanno il tono della farsa. E questa – credetemi – è esattamente una tragica farsa.

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Voltagabbanismo e divorzio breve

04 martedì Gen 2011

Posted by Ars Longa in Politica italiana

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Alleanza per l'Italia, API, Berlusconi, Boselli, capitalismo, Cicchitto, divorzio breve, Fini, Rutelli, SDI

Pare che l’ex-SDI Boselli abbia aderito ad Alleanza per l’Italia di Rutelli.Ora non vorrei sembrare retrogrado ma dei tanti “trombati” che stanno passando senza alcuna vergogna da un partito all’altro Boselli sembra definitivamente l’icona peggiore. Io ricordo – ma se lo ricorda Boselli – che fu proprio lui ad uscire dall’Ulivo perché Rutelli aveva assunto posizioni clericali sul problema della fecondazione assistita? A quell’epoca Rutelli era l’antitesi della laicità e oggi? Oggi ci si può andare a braccetto.

Boselli quando stava con i Radicali mangiapreti. Oggi sta con Rutelli.

Poco più di due anni fa il progetto di creare una entità che raggruppasse la diaspora socialista cspitsnsto da Boselli era naufragato: lo SDI non era arrivato neppure all’1%. Ora un politico incapace, collezionatore di sconfitte, di uscite e di entrate da quasi tutti gli schieramenti fa la sua doppia capriola carpiata e atterra addirittura come vicepresidente in casa (o dovremo definirla cabina telefonica vista l’ampiezza dei consensi) Rutelli.

Non pretendo coerenza. Tutti mi dicono che la coerenza non è una virtù politica e alla fine posso anche acconsentire. Ma qui si va oltre alla coerenza. Che ideali realmente ha il signor Boselli se riesce tranquillamente a passare da una battaglia laica ad un partito sostanzialmente confessionale? E dico confessionale perché (per chi non se ne fosse accorto) l’ultima furbata di Rutelli è stata quella di cambiare logo. Adesso compare di nuovo la Margherita … se non vi suona nell’orecchio qualcosa significa che avete perso qualche puntata. Sono sparite le api operose e tricolori … un significato almeno freudiano ci sarà. Ma avevamo bisogno realmente di un partito di voltagabbanisti? L’ennesimo partitino contenitore per ex più o meno trombati negli anni precenti? Serve agli italiani un partitino interstiziale dai contorni imprecisi che tenta di strizzare l’occhio al Vaticano ma si imbarca chiunque abbia anche il fantasma di una credibilità politica?

No, non credo ne avessimo nessuno bisogno. Ma è la terribile corsa al centrismo di una parte di Sinistra che anni fa perse il treno verso il berlusconismo. Prendiamo un ex socialista come Boselli, prendiamo Cicchitto. Non posso dire sia una persona che mi ispira simpatia. Dalla casa in fiamme socialista Cicchitto si smarcò presto e in modo definitivo. A differenza di Boselli, Cicchitto non è rimasto a cincischiare a Sinistra facendo guai, se n’è andato a Destra e punto. Forse c’è un minimo di decorosità in più se misuriamo il decoro in base alle capriole politiche.

Quel che mi spaventa è che con questi professionisti del voltagabbanismo alla fine temo la Sinistra si metterà a fare i conti intorno ad un tavolo con esiti orribili. Facciamo un caso, solo uno. Il divorzio breve. La discussione sui tempi di accorciamento della separazione va avanti in Commissione da tempi lunghissimi. Sarebbe una battaglia laica. Quando arriverà alle votazioni in Parlamento se ci arriverà come voterà Boselli che sta nel partitino filovaticano di Rutelli, alleato con il bastione postdemocristiano di Casini e il movimento postfascista di Fini? Alla faccia degli italiani laici.

 

E vi chiedete perché Berlusconi vince?

14 martedì Dic 2010

Posted by Ars Longa in Politica italiana

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Berlusconi, Bortolussi, Calearo, Catia Polidori, CGIA, Filippin, Massimo Calearo, Mestre, Polidori, Rosanna Filippin, Rutelli, Scilipoti, Veltroni, Veneto

Pochi minuti fa il Governo ha ottenuto la fiducia alla Camera. Pare sia stata decisiva l’onorevole Catia Polidori che alcuni giorni fa aveva rilasciato questa dichiarazione:

l'on. Catia Polidori

Roma, 2 dic. (Adnkronos) – In riferimento alle indiscrezioni che attribuiscono perplessita’ a Catia Polidori circa la mozione di sfiducia annunciata da Fli insieme ad Udc ed Api, la stessa Polidori dichiara: ‘La notizia e’ del tutto destituita di fondamento. Il gruppo di Futuro e Liberta’ per l’Italia e’ coeso e compatto’. Chi voleva che cadesse il governo oggi certamente non l’avrà presa bene. Ma tutto sommato la Polidori non è mai stata parte dell’opposizione. Non è mai stata candidata e rappresentante del PD. E se anche il PD – immobile come una statua di sale – ha sperato di poter vedere il governo implodere senza nulla fare (giacché nulla sa fare) non è la Polidori il problema. Più decisivi e dolorosi sono i voti a favore di Berlusconi espressi da quei parlamentari che sono stati eletti con i voti dell’opposizione e che – senza alcun rossore – sono

Massimo Calearo.

passati a ingrossare le fila della maggioranza. Si dice che se un ladro riesce a rubare c’è anche la responsabilità di chi gli ha permesso di farlo. E nel PD c’è un’arte sopraffina (che anche Di Pietro sta copiando) nello scegliere candidati inaffidabili pronti ad andarsene al momento più opportuno. Certo si tratta di infortuni politici. Ma nel PD gli infortuni politici non si pagano. Si rimane dolcemente incollati alla seggiola della propria carichetta di Partito. E se il Partito muore pazienza. Oggi a determinare la vittoria di Berlusconi è stato un altro uomo, l’epitome della stupidità dell’opposizione che l’ha candidato: Massimo Calearo.  Eletto in Veneto, l’imprenditore Massimo Calearo, è giunto a rappresentarci in Parlamento grazie al PD. Lo volle Veltroni e lo candidò primo della lista PD. Era il periodo in cui il “cinefilo” Veltroni intendeva dare al PD quel non si sa che di nuovo, quel nuovo che doveva vedere nello stesso partito tutti meno che le persone di Sinistra. Calearo – imprenditore cresciuto nell’azienda paterna da buon figlio d’arte – dopo essere stato eletto se ne andò dal PD dicendo di non essere mai stato di Sinistra. Poi se ne andò con Rutelli in quel partito di cui, forse, nessuno sentiva la necessità come Alleanza per l’Italia. Salutato anche Rutelli oggi insieme ad altri due colleghi (tal Scilipoti e Cesario) ha votato e salvatro Berlusconi.  Dunque dal Veneto provengono due elementi decisivi che oggi hanno creato le premesse per una vittoria numerica di Berlusconi (vedremo se anche politica). Potrà sembrare tirata per i capelli come riflessione ma – senza dubbio – la storia di Polidori e Calearo apre la possibilità di riflettere su come la classe dirigente italiana, quella classe che siede in Parlamento e cambia le nostre vite recluta se stessa. Gianfranco Fini ha reclutato una signora i cui legami familiari andavano tutti nella direzione quasi scritta in anticpo di oggi. Il cugino della Polidori infatti è il padrone della CEPU e da sempre ha appoggiato il Presidente del Consiglio. Non me la sento di colpevolizzare la signora Polidori, semmai chi l’ha reclutata. Neppure mi sentirei di colpevolizzare Calearo. Che sia un voltagabbana è cosa nota. Quasi certamente sarebbe rimasto nella sua Vicenza a fare i suoi affari se non fosse stato reclutato da Veltroni e poi da Rutelli. Fini, Rutelli, Veltroni dovrebbero essere dei politici esperti e questi infortuni fanno pensare ad una leggerezza totale, colpevole e venata di stupidità nello scegliere gli uomini e le donne destinati/e a far politica. Il dramma è che queste sciocchezze politiche sembrano avere nel Veneto una

Giuseppe Bortolussi, altro candidato PD che del PD non ne vuol sapere nulla.

vera e propria scuola. Prendiamo ad esempio le ultime elezioni regionali che hanno portato alla Presidenza della Regione l’ex ministro Luca Zaia. Nella corsa elettorale il PD aveva candidato il presidente della CGIA di Mestre Giuseppe Bortolussi. Dopo la (prevedibile) sconfitta Bortolussi che fa? Esattamente come Calearo: scopre di non avere la tessera del PD e quindi in Regione si fa il suo gruppo autonomo. La segreteria del PD Regionale, Rosanna Filippin, da Bassano del Grappa, sposorizzatrice di Bortolussi cosa fa? Si dimette? Anche in considerazione del fatto che l’altra possibile candidata (lei sì con la tessera del PD) il sindaco di Montebelluna, Laura Puppato da sola e non prima in lista, si porta a casa 26.000 preferenze, una lettera di dimissioni della Filippin ci stava. Immune da qualsiasi senso di vergogna (esattamente come oggi non proverà vergogna né Fini, né Veltroni, né Rutelli) il Segretario Regionale del PD Rosanna Filippin rimane saldamente ancorata al suo posto dopo aver sbagliato candidato, dopo che in due anni i voti del PD in Veneto sono passati da 812.406 del 2008 a 456.309 del 2010. Come darle torto? Se un Fini, un Veltroni, un Rutelli si comportano da cialtroni della politica nazionale, perché dovrebbe dimettersi lei?

Rosanna Filippin e Bersani. Ovvero fare errori è un'arte che non prevede le dinissioni.

L’opposizione in questo Paese ha un modello oramai definito. O meglio: il PD principale partito di oppossizione ha una missione: scomparire. Scomparire scegliendo candidati improbabili come Calearo e Bortolussi, scomparire per afasia politica, per mancanza di progettualità, per incapacità di capire la realtà che li circonda. Non è colpa dei Calearo e dei Bortolussi se il PD è tutto fuorché un partito di opposizione. La colpa non è di chi fa il voltagabbana. La colpa è di una classe dirigente incapace a livello nazionale (leggi Bersani) di selezionare quadri credibili a livello locale che non siano come la Filippin che è solo notaio immobile della scomparsa per emorragia del partito. Dimissioni? Sì, qualcuno si dovrebbe dimettere. Ma nel PD, una volta per tutte.

Attenti a Montezemolo

08 giovedì Lug 2010

Posted by Ars Longa in Economia, Politica italiana

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Adolfo Scotto di Luzio, Andrea Romano, Berlusconi. Tangentopoli, Casini, Cinzano, Ferrari. Diego della Valle, Fondazioni, Giuliano da Empoli, Irene Tinagli, ItaliaFutura, Montezemolo, Romiti, Rutelli

Lasciamo per un momento le teorie economiche per calarci nel quotidiano. Poniamoci una domanda: cosa c’è dietro l’angolo una volta che Silvio Berlusconi (per crollo politico, per raggiunti limiti di consunzione, o per qualsiasi altra ragione) terminerà la sua (ormai lunga) stagione di nazionalpopulista? Le alternative si creano attraverso dei luoghi che funzionano da collanti aggregativi. Si tratta di una conseguenza della irrilevanza dei partiti politici. Da Tangentopoli in poi i partiti intesi in senso tradizionale (soprattutto il centro sinistra) hanno cercato di proporre all’elettorato dei “non politici” presi dalle fila della cultura nel migliore dei casi fino, a scendere, ai guitti da schermo televisivo. L’altra possibilità – coltivata del centro destra – è stata quella di creare un “non partito” senza tessere, senza sedi, senza momenti di di dibattito interno infarcito di “volti noti”. A destra come a sinistra i partiti nel senso antico del termine si sono ritirati dall’azione politica concentrandosi sui leader. Il risultato è stata la diminuita capacità aggregativa dell’istituzione partito che per tutto il XX secolo era stato il luogo per eccellenza nel quale fare politica.
Il passo successivo al quale siamo assistendo è una diretta conseguenza: la creazione di “fondazioni”. Il processo è abbastanza semplice, con ingredienti sempre uguali: occorre un leader politico di professione che un bel giorno si inventa un “laboratorio”, gli da un nome più o meno azzeccato e costruisce così un luogo di aggregazione diverso dal partito di appartenenza. La moda è iniziata nel 1999 quando d’Alema e Giuliano Amato costituirono la fondazione Italianieuropei, a ruota Farefuturo di Gianfranco Fini, Italia decide di Violante, Magna Carta di Marcello Pera e Gaetano Quagliarello; Formiche di Marco Follini, Liberal di Ferdinando Adornato, Nuova Italia di Gianni Alemanno, Europa e Civiltà di Roberto Formigoni, Medidea di Giuseppe Pisanu.
Tutto questo fiorire di think-thank modifica il classico correntismo della politica italiana innovandolo perché le Fondazioni sono molto più libere (oltre che per il fatto che non hanno nessun obbligo di trasparenza economica) di essere trasversali e di colloquiare tra loro al di là dei partiti e degli schieramenti di appartenenza. Caso eclatante di questo operoso dialogare libero da steccati ideologici è ad esempio l’incontrarsi ad Asolo della Fondazione Italianieuropei e di Farefuturo. Di fatto una lunga chiacchierata tra D’Alema e Fini liberi dai vincoli di schieramento. Può essere un fatto positivo? Sì e no. Sì se si pensa che la forma partito sia superata, no se si pensa che il luogo della politica dovrebbe essere un partito. Comunque la si pensi l’invenzione delle Fondazioni sta diventando centrale nel panorama politico dell’Italietta. Tanto più centrale quanto più il “partito-non-partito” di Silvio Berlusconi sembra perdere colpi. Gli unici che di Fondazioni non vogliono sentirne parlare sono i Leghisti. La ragione è abbastanza evidente: non ne hanno bisogno perché sono di fatto un partito trasversale che ha raccolto nel suo bacino elettorale del nord uomini provenienti un po’ da tutti i partiti decomposti negli anni Novanta. In più la Lega dal punto di vista organizzativo assomiglia (anche se l’idea che ne sia una costola è una delle peggiori sciocchezze dalemiane) al PCI di lontana memoria.

Questa premessa sulle Fondazioni in generale ci è servita per introdurre il cambiamento che si sta silenziosamente verificando all’interno del fenomeno. Sta nascendo la “Fondazione ombra”. Ossia una Fondazione che non si accontenta più di dialogare trasversalmente ma che funziona come incubatrice del cambio del potere. Questa trasformazione si chiama Italia Futura ed è la creatura di Luca Cordero di Montezemolo. In puro stile aziendale è nata “comprando” persone già esperte (dotate di know-how direbbe Montezemolo). Basta guardare il sito della Fondazione per trovarci Andrea Romano, Irene Tinagli, Giuliano da Empoli, Adolfo Scotto di Luzio, ecc. Se si guarda il pedigree di questi uomini e donne si ha una fotografia di un’area di provenienza moderata, con una spruzzatina di rosa pallido di una sinistra tanto annacquata da stare bene con tutto. Insomma una fotografia che si sposa bene con i legami amichevolmente intensi con una testa come “Il Riformista”. Ma dentro Italia Futura c’è anche Giulia Innocenzi che tutti gli spettatori di AnnoZero hanno visto a fianco di Santoro da un paio d’anni. Si potrebbero fare tanti altri nomi ma tutti ci direbbero la stessa cosa: Italia Futura non è una Fondazione come le altre, non è un laboratorio ideativo e basta. Sembra essere l’incubatore per il governo che verrà, appunto per una Italia del futuro.
Ma cosa dice Italia Futura? A primo colpo lasciano un po’ perplessi i temi. Ad esempio la campagna “Maestri d’Italia” che, preso atto della decadenza del prestigio dei maestri elementari italiani, vuole restituire la giusta dignità perduta a questi educatori. Collodi, maestrine dalla penna rossa, paternalismo industriale? Sì sembrerebbe un vecchio tema cucinato in salsa da “padroni del vapore”. Non può essere questo il tema di base, andiamo oltre. Oltre dove? A parte dei vuoti vaneggiamenti sulla importanza della cultura come collante di un Paese non c’è molto altro. D’altro canto chi potrebbe sostenere a voce alta che la cultura fa male alla pelle? Siamo tutti contro la cultura, siamo tutti contro la droga. Peccato che all’una si levino i fondi e all’altra non si sia mai fatta una lotta seria. Se dunque i discorsi di Italia Futura sembrano degni di un temino scolastico a cosa serve questa Fondazione? Perché arruolare tante teste d’uovo per salvare i maestri elementari?
Perché non è questo né il momento di parlare di cose serie né il momento di elaborare proposte alternative. Italia Futura sembra un comodo salotto dove ospitare persone, parlare e trovare i punti d’accordo, il resto verrà. Parlare di cosa? Del dopo Berlusconi e quindi plasmare i consensi intorno ad un nome, quello appunto di Luca Cordero di Montezemolo.
Dalla sua Montezemolo ha qualche vantaggio. A differenza di Berlusconi ha un rapporto intenso ma meno urlato con le donne. Sandra Monteleoni, Barbara Parodi, Edwige Fenech, e Ludovica Andreoni si sono succedute al suo fianco. Il pedigree professionale è all’altezza di un rampollo collaterale di casa Agnelli. Incidenti di percorso rilevanti due:  quando da direttore del comitato organizzatore di Italia 90 promosse alcune discutibili infrastrutture poi rivelatesi inutili e dannose per le tasche degli italiani (chi abita a Roma ricorderà l’Air Terminal di Roma Ostiense e la stazione ferroviaria di Farneto). Il secondo scivolone avvenne nel 1985. In una intervista a “La Repubblica” Cesare Romiti disse “Abbiamo pescato, in Fiat, un paio di persone che pretendevano danaro per presentare qualcuno all’Avvocato. Uno dei due l’abbiamo mandato in galera, l’altro alla Cinzano”. Alla Cinzano  ci andò Montezemolo che secondo Oliviero Beha ammise “È vero, ho sbagliato, per favorire il contatto con Gianni Agnelli mi sono fatto dare ottanta milioni nel cofanetto di un libro vuoto di Enzo Biagi”.
In più Montezemolo – piccoli scivoloni esclusi – ha l’aura mistica del vincente che la Ferrari gli ha donato e un modo di porgere assai meno greve dell’attuale presidente del consiglio. Ma, soprattutto Montezemolo ha un elenco di contatti e amicizie importanti come lui. Negli ultimi tempi Montezemolo si è accreditato come un fustigatore di costumi, un Catone schierato contro la casta politica. Dalla sua ha anche un duello con Berlusconi che ebbe luogo a Vicenza nel 2006. Duello indiretto perché Berlusconi se la prese con Diego della Valle ma che provocò in Confindustria uno scollamento evidente tra i piccoli imprenditori descamisados di Berlusconi e la élite dell’industria italiana schierati dietro Montezemolo (e, ovviamente, la Fiat).
Gli ingredienti ci sono tutti dunque. Un centro-sinistra spappolato e incapace di fare opposizione, un IDV che ogni mattina ringrazia il cielo che ci sia Berlusconi che ne giustifica l’esistenza,  un magmatico centro fatto di Casini e di Rutelli che sta alla finestra per capire in quale portone conviene infilarsi, una Lega pronta ad accordarsi con chi il federalismo (e forse oltre) può garantire, un Fini a bordo di una nave da pirata, un Berlusconi in inesorabile calo e in irrecuperabile delirio di onnipotenza. Dalle parti del PD i soliti noti D’Alema e Bersani che sotto l’idea di “responsabilità” nascondono il più semplice concetto di “incapacità”.
I prossimi mesi ci diranno se l’opzione Montezemolo avrà un futuro o rientrerà nelle parabole discendenti in stile Mariotto Segni. In ogni caso il partito di Confindustria è dietro l’angolo.

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