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Economisti prezzolati

12 mercoledì Set 2012

Posted by Ars Longa in Economia, Politica italiana

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Crozza, Francia, Mario Monti, Monde Diplomatique, Montezemolo, NoiseFromAmerika, Oscar Giannino, Rutelli

Mario Monti ritiene che essere stati sul libro paga delle grandi banche internazionali sia un titolo di merito. In altre parole l’economista “fa curriculum”, diventa competente e questo è un dato importante per tutti noi.
In Francia la pensano diversamente. Qualcuno si è accorto che un economista pagato da una banca fa gli interessi della banca stessa. Bella scoperta direte voi. Però bisognava dirlo. Tutto è successo perché Le Monde Diplomatique del marzo 2012 ha denunciato che i principali economisti francesi (guarda caso tutti neoliberisti) percepivano lauti guadagni dalle istituzioni finanziarie e bancarie. A rincarare la dose è arrivato un documentario intitolato Les nouveaux chiens de garde (I nuovi cani da guardia) di François Ruffin, poi un libro di Laurent Maudit: “Les imposteurs de l’economie” (Gli impostori dell’economia). Tra il 6 e l’8 luglio di quest’anno ad Aix-en-Provence c’è stato un dibattito sull’argomento ai “Rencontres Economiques”.
Gli americani ci avevano pensato sei mesi fa, i francesi arrivano adesso e si parla di contrasto alla corruzione intellettuale L’Osservatorio francese per le congiunture economiche (Ofce) ha adottato una carta che impone ai collaboratori di rivelare i loro agganci nel settore privato. Stessa cosa ha fatto l’Ecole d’Economie di Toulouse seguita a ruota da quella di Parigi.
In Italia invece tutto tace. Non sappiamo nulla degli interessi dei giornalisti economici e dei loro contatti con le banche e le industrie che, dalle pagine dei loro giornali, lodano pi o meno scopertamente. Non sappiamo nulla degli interessi dei professori universitari che arrivano in televisione a spiegarci l’economia in salsa neoliberista.
Addirittura il tanto sbandierato partito dei giovani leoni di NoiseFromAmerika capitanato dal “giornalista” di Radio24 Oscar Giannino non ci pensa neanche a far sapere ai possibili elettori se e in che misura i suoi aderenti (firmatari? simpatizzanti? Come si chiameranno tra loro?) hanno collegamenti d’affari con banche e istituzioni finanziarie. Il vizietto di moralizzare il prossimo e farsi gli affari propri è una costante dell’italiano medio che sia residente nel Belpaese oppure sia emigrato in cerca di fortuna.
Mesi fa avevo scritto un post a proposito di Luca Cordero di Montemezolo e della sua gran voglia di farsi un partito dei padroni. Mesi dopo anche il comico Crozza aveva scoperto il personaggio e ne aveva immortalato le velleità con l’ormai famosa “gag” dell’”Italia dei Carini”. Adesso Montezemolo cinguetta con Giannino e con i giovanotti di NoiseFromAmerika. Tutto quadra.
Qualcuno potrebbe dirmi: “non sei un po’ troppo preoccupato? Non credi che i veri problemi siano altrove, Beppe Grillo ad esempio?”.
Chiariamoci: non sono preoccupato. Oscar Giannino non mi preoccupa perché è un fenomeno mediatico che sta in piedi finché ha qualche trombetta a cui dar fiato. Ogni tanto suona la trombetta neopopulista del “meno Stato e più mercato” tra gli sbadigli generali, ogni tanto dà fiato al trombone dei presunti imprenditori italiani che potrebbero cambiare il mondo (e tutti sanno che in Italia l’imprenditoria non esiste). Non mi preoccupa Montezemolo che, al di là dell’immagine non ha mai prodotto nulla di concreto e non sa articolare alcuna proposta sensata. Non mi preoccupano quelli di NoiseFromAmerika perché il soi disant partitucolo che dovrebbe formarsi intorno al manifesto “Fermare il declino”. In primo luogo perché il manifesto è una ridicola accozzaglia di idee rifritte e stantie, in secondo luogo perché gettare la maschera e sperare di rientrare a casa attraverso la politica (loro che dicevano che la politica mai l’avrebbero fatta) li qualifica come parte integrante del mediocrismo italiano e del voltagabbanismo familistico tanto caro alle nostre tradizioni.
Non è tempo di partitini, ci ha provato Rutelli sgomitando al centro e non c’è riuscito, figuriamoci Giannino e soci.
Non sono preoccupato di questo. Constato soltanto il pessimo stato di forma etica degli economisti italiani. Non è una novità. Li vedo tutti i giorni e so benissimo che la cattedra serve soltanto a stipulare interessanti collaborazioni con imprese e banche. Interessanti sotto il profilo dei soldini.
Constato che una intera categoria, quella degli economisti si sta avviando come nella leggenda dei lemming verso il precipizio. Non solo in Italia. In Italia però anche le tragedie hanno il tono della farsa. E questa – credetemi – è esattamente una tragica farsa.

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Europa, elezioni e la prevalenza dei cretini

09 mercoledì Mag 2012

Posted by Ars Longa in Economia, Politica italiana

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Amato, asmussen, Berlusconi, Bersani, Bondi, elezioni, Fornero, Francia, Giavazzi, Grecia, Grillo, Hollande, Monti, syriza, Vendola

In una intervista al giornale “Handesblatt” (il giornale della Confindustria tedesca, Jorg Asmussen, della BCE, ha dichiarato “la Grecia deve essere cosciente che non c’è alternativa al programma di riforme concordato se vuole rimanere un membro dell’Eurozona”. Tsipras, il leader del partito di sinistra Syriza ha già indirettamente replicato dichiarando: “Alcune persone intepretano le elezioni come il risultato di un voto di malcontento. Si tratta di un errore: è stata una scelta matura e cosciente”
La Grecia si dice alla BCE è ingovernabile, in realtà non era governabile neppure prima delle elezioni. Il consenso per i partiti di governo e per il piano di folle austerità era inesistente. Ma assistiamo ad una inversione delle cose tipica dei liberisti. La realtà è che la Grecia è ingovernabile per precisa responsabilità della BCE. Si è ridotta la Grecia a quello che fu la Germania dopo la Prima Guerra Mondiale con il demenziale trattato di pace. La responsabilità dell’arrivo al potere del nazismo nel 1933 fu direttamente causato da quella crisi economica e sociale imposta da pretese finanziarie assurde. Oggi lo stesso metodo è stato applicato alla Grecia. Probabilmente entro l’anno laGrecia finirà il suo tormento e uscirà dall’Eurozona e sarò un bene.
In Francia ha vinto Hollande. Ed è da questa novità che gli osservatori si aspettano le conseguenze principali. Hollande ha tra le mani un dato che conoscono tutti: l’austerità sta producendo ancora più austerità e non sta riducendo i debiti pubblici. Dal 2008 (e secondo l’FMI almeno sino al 2013) non solo non calerà ma continuerà a crescere in Irlanda, Italia, Spagna e Portogallo. I dati della disoccupazione sono drammatici. La crescita è prevista dello 0,5%. I partiti estremisti sono in crescita ovunque. L’Europa è un impero tedesco e il covo di liberisti che lo anima sta distruggendo l’Eurozona dando la colpa ai Paesi in crisi. Hollande non riuscirà a spostare di un centimetro i tedeschi, nonostante le dichiarazioni fatte in campagna elettorale. Perché i tedeschi non hanno nessuna intenzione di cambiare una politica che li vede vincenti. Come ho detto molte volte: i tedeschi stanno aspettando di ridurre l’importanza dell’Unione Europea come mercato di sbocco dei loro prodotti. Hanno bisogno di tempo ma ci riusciranno. Quando almeno il 60% delle loro merci avrà una destinazione diversa dall’Eurozona potranno abbandonarla senza problemi. Perché Hollande deve ricordarsi che l’Unione Europea fu creata per volontà di Mitterrand. E’ stata la Francia che ha voluto l’Europa unita. La Germania ha accettato perché otteneva in cambio la riunificazione.
Una volta riunificata la Germania ha ripreso la politica che ha provocato due guerre mondiali. Il ruolo tedesco – al di là della retorica non è quello di un collante che unifica l’Europa: la Germania è da cento anni un pericolo costante per l’Europa. Con una tendenza alla crescita compulsiva ed una fascinazione per l’Est, i tedeschi hanno divorato in pochi anni le economie dei Paesi vicini: Ungheria, Boemia, Slovacchia, Polonia costruendosi lo “spazio vitale” (Lebensraum) che da oltre un secolo inseguono. Non ci sono riusciti nelle trincee della Prima Guerra Mondiale, non ci sono riusciti con gli Stuka nella Seconda, ci stanno riuscendo ora. E non sarà Hollande a fermarli.
Italia. Siamo alle comiche. Il ministro piangente Fornero alla assemblea di Confcooperative dichiara che “siamo in ritardo nell’attenzione ai più sofferenti e ai più deboli. Qui ammetto qualche mia responsabilità”. Come dire che la politica di macelleria sociale non sta dando esiti sperati a parte la morte per suicidio di imprenditori e disoccupati. Ma non commento troppo quel che dice la Fornero: è abbastanza chiaro che sia una irresponsabile dotata in misura prevalente di arroganza. Il tutto mentre sta venendo al pettine la questione Monte Paschi. E verrà al pettine anche il nodo Banca Intesa e quello Unicredit. Cioé la pentola del disastro delle tre principali banche italiane gestite in modo folle ma riempite di quel denaro che dovrebbe servire alla gente dalla BCE.
Mentre il governo Monti balbetta e colpisce a caso ci sono state le elezioni. Se è vero che le amministrative non sono uguali alle politiche i dati sono chiari. Non esiste più il PDL, la Lega ne esce con le ossa rotte e ci metterà (se tutto dovesse andargli bene) dieci anni per risollevarsi. Il PD è in agonia perché la salute non si misura con il fatto che perde poco. In realtà quando lo schieramento opposto crolla in modo così rovinoso sono i partiti di opposizione che ne approfittano. In realtà al PD non è andato nulla perché non rappresenta una alternativa. Il cosiddetto Terzo Polo, la esilarante creatura dei tre più incapaci leader italiani: Rutelli, Fini e Casini, è morta sul nascere. Voleva incamerare il voto moderato in uscita dal PDL e non ha preso nulla. L’unica novità sono i Grillini. Ma è una novità gonfiata ad arte perché in realtà il movimento del guitto Beppe Grillo non ha alcun futuro. Siamo governati dai professori universitari e l’alternativa del Movimento 5 stelle è una alternativa di cartapesta, facilona, impreparata, demagogica. Ma non ammettere che sia stato un boom di consensi è una stupidaggine. Rimane la Sinistra alternativa. Ma anche qui siamo nelle nebbie. I cascami di Rifondazione e della Federazione della Sinistra non raccolgono pressoché nulla. Vendola ancora non ha deciso se rimanere nel carrozzone del PD o distinguersi e caratterizzarsi. Ed è proprio questa ambiguità che impedisce a Sinistra Ecologia e Libertà di crescere in consensi.
Il conto è presto fatto. A livello europeo non aspettiamoci molto da Hollande. A livello italiano siamo nella peggiore situazione desiderabile: un governo di tecnici che ha la necessità di chiamare altri supertecnici (Bondi, Amato, Giavazzi) che ben poco sanno di quel che devono fare. Abbiamo un bravo liquidatore di aziende di 78 anni che dovrebbe risanare (o liquidare) la macchina dello Stato. Un ingegnere elettrico passato all’economia e un vecchio dottor sottile. Non serve Crozza per capire che è ai limiti del ridicolo che un governo di tecnici chiami altri tecnici per risolvere i problemi.
In tutto questo – grazie ai liberisti di noantri – si continua a vendere agli italiani una ricetta economica sbagliata, stupida e priva di senso. Di fronte alla crisi si continua a straparlare di liberismo. In questo Paese qualunque cretino può recitare il mantra delle “liberalizzazioni e privatizzazioni”. Nessuno viene dichiaratyo fuorilegge per le scemenze che dice. L’unica cosa fuorilegge sembra essere Keynes, ovvero le uniche risposte economiche che hanno salvato il capitalismo da se stesso negli ultimi cinquant’anni.

Da Parigi e da Atene il primo colpo al liberismo finanziario

06 domenica Mag 2012

Posted by Ars Longa in Economia

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elezioni, Francia, Grecia, Hollande, Monti, Parigi, Sarkozy

C’era da aspettarselo ma non era scontato. I francesi mandano a casa Sarkozy e i greci lasciano al partito socialista e a quello conservatore il 37% dei suffragi, impossibile quindi formare un governo neoliberista in Grecia. Impossibile contare sull’asse Parigi-Berlino, ora che Sarkozy passa all’opposizione. Quando la gente vota si dimostra ancora una volta che le balle della “meritocrazia” liberista, dell’austerità che arricchisce le banche, i faccendieri e gli economisti “amerikani” anarco-liberisti saltano come tappi di bottiglia. Quel che dimostrano a caldo le elezioni francesi e greche è che la cappa di piombo calata sul mondo occidentale da trent’anni, dagli anni di Reagan e della Thatcher, è diventata intollerabile. I cittadini ridotti a consumatori hanno usato l’ultima arma a loro disposizione: l’urna. Cambia tutto. Cambierà tutto. Nei prossimi giorni una moltitudine di preoccupati profittatori ci dirà che siamo entrati in una fase pericolosa. Ma il pericolo è soltanto per il capitalismo finanziario che ha giocato troppo a lungo e in modo troppo sporco con la vita delle persone. La lotta tra capitale e politica ha raggiunto un punto di rottura. Le persone si sono accorte pian piano che, con la scusa della meritocrazia e del libero mercato, la loro vita veniva sempre più messa a rischio. Se oggi – invece di avere un governo sul filo della legittimità costituzionale – in Italia si votasse le scelte non sarebbero diverse. Qualcuno dirà che ad essere puniti sono genericamente i partiti al governo, non quelli di destra. Ed è vero. Questa è la svolta meno ideologica e più forte degli ultimi trent’anni. La gente non sta votando per la destra o per la sinistra, la gente sta votando contro il liberismo. Sta succedendo quello che accadde dopo la spaventosa crisi del 1873, dopo quella del 1929: le persone vogliono che la politica torni a fare il mestiere per cui è stata creata: perseguire il bene comune e delle persone comuni. Mettere di nuovo al centro progetti di benessere condiviso, questo è quello che chiede la gente. Porre un freno alle disuguaglianze diventate evidenti e intollerabili. Toccherà avere molto senso di responsabilità per non regalare questa svolta ai demagoghi di ogni Paese e riuscire a depurare la politica dai ladri corrotti che si sono arricchiti in questi anni. Il difficile verrà domani quando dovremo mandare a casa i Bersani, i Berlusconi, il Grande Centro e i Montezemolo, senza cadere nelle mani di Grillo e senza restare in quelle di Monti. Ma ne parleremo i prossimi giorni, quando Hollande ci dirà cosa vuol fare con la Merkel.

Cosa hanno deciso davvero

15 giovedì Dic 2011

Posted by Ars Longa in Economia

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Bruxelles, Centri sociali, Crisi, Francia, Germania, Sarkozy

Qualche volta pubblico articoli non miei, l’ho già fatto per un pezzo di Serge Haimi, lo faccio adesso per questo pezzo di Jacques Attali comparso su L’Express, in Francia e tradotto sull’ultimo numero di Internazionale. Spero che gli amici di Internazionale non me ne vogliano e per “rimediare” vi invito ad abbonarvi alla loro rivista settimanale preziosisissima di spunti. Riproporvi questo articolo, frutto della penna di un uomo che potete definire in qualsiasi modo ma non certo un politico “antagonista, significa dimostrare a me stesso che non sono solo in quel che vado dicendo. Secondariamente, visto che il non troppo acuto Flaunerotic mesi fa mi aveva accusato di derive da “centri sociali” – mi pare smentisca ampiamente l’assunto secondo il quale chi si oppone a queste politiche stia vivendo una involuzione radicalista.

L’accordo di Bruxelles è stato approvato da tutti. Per il presidente della repubblica francese e la cancelliera tedesca è un successo straordinario, considerando che sono riusciti (dopo aver preso coscienza dei rischi imminenti per l’euro) a mettere d’accordo 26 paesi su 27 e che hanno cominciato a parlare concretamente delle misure necessarie per salvare la moneta unica. Alcune frasi contenute nell’accordo, inoltre, dimostrano che i governi hanno finalmente capito che non è possibile superare la crisi del debito senza mettere in moto gli investimenti e in generale senza dare un impulso alla crescita economica in tutto il continente. D’altro canto la mossa della Banca
centrale europea (che, pur affermando il contrario, ha deciso di inondare di
capitali le banche commerciali) potrebbe contribuire a rilanciare l’economia
continentale, che rischiava l’asfissia nell’immediato futuro. Sull’accordo,
tuttavia, ci sono delle perplessità rilevanti. Se i leader europei non le risolveranno
al più presto, gli sviluppi futuri potrebbero costringerci a rivedere le misure decise il 9 dicembre.
Leggendo attentamente il testo, mi sembra che le decisioni siano queste:

  1. Da oggi gli stati più solidi dell’eurozona garantiscono i prestiti delle banche agli stati in diicoltà, fatta eccezione per la Grecia.
  2. Le banche ricevono denaro a tassi molto bassi dalla Bce e prestano a tassi elevati agli stati dell’eurozona. Questo gli permette di realizzare profitti enormi.
  3. Le banche non sono sottoposte a nessun obbligo di aumentare il capitale, di sopprimere o ridurre i bonus per i dirigenti e i dividendi per gli azionisti o di mettere un freno alle operazioni speculative, che restano più redditizie dei prestiti.
  4. Gli stati dovranno versare e garantire immediatamente somme rilevanti per l’European stability mechanism (Esm). Per la Francia si tratta di cento miliardi di euro in garanzie e tre miliardi in contanti.
  5. Gli stati dovranno ridurre le spese e aumentare le tasse per rispettare una regola d’oro, quella sull’equilibrio dei conti pubblici, che sarà determinata dalla Commissione europea e sarà più severa rispetto a quella già in vigore in Francia.
  6. Il prossimo trattato – concordato nel 2011, sarà firmato nella primavera del 2012 dal presidente Sarkozy e verrà ratiicato dal parlamento che uscirà dalle elezioni del giugno prossimo – in Francia non entrerà in vigore prima del 2013. Quindi non sarà applicato al bilancio pubblico del prossimo anno, che ha un’importanza notevole.
  7. Non è stato sancito nessun finanziamento europeo per i programmi di
  8. crescita (in particolare per il fondo europeo dei brevetti), annunciati in pompa
  9. magna in occasione degli ultimi vertici dell’eurozona.

In sostanza bisogna aspettare. Bisogna aspettare le elezioni in Francia del 2012 e quelle in Germania del 2013. Nel frattempo chi si sta arricchendo continuerà a farlo e chi sta pagando continuerà a pagare. Ma naturalmente spero di sbagliarmi. Come spero di ricevere smentite precise e inequivocabili su questi sette punti

Perché il governo Monti non può farcela

24 giovedì Nov 2011

Posted by Ars Longa in Economia, Politica italiana

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crisi finanziaria, default, euro, fallimento, Francia, Germania, Grecia, Italia, manovra economica, Merkel, Monti, Portogallo, Sarkozy, Spagna

Oggi Monti si farà dettare la ricetta per non salvare l'Italia

Il fatto che ieri, all’asta dei Bund tedeschi, sia rimasto invenduto il 35% dello stock offerto ci dice molte cose. La prima è che l’obiettivo degli speculatori (chiamiamoli così per semplicità) non è far fallire questo o quel Paese. Piuttosto le ondate che hanno travolto i Paesi più deboli dell’eurozona sono servite (oltre a realizzare lauti guadagni) a mettere sotto pressione l’euro. Gli investitori hanno avuto dieci anni per valutare la bontà o meno di questa moneta. Oggi stanno dando il loro giudizio definitivo e si tratta di un giudizio negativo. Devo dire che mi sarei aspettato un attacco molto prima perché le debolezze dell’Euro sono palesi da molti anni. L’idea di creare unità monetaria e di lasciar passare dieci anni senza ipotizzare una reale unità politica è stata demenziale. Oggi paghiamo questa cecità. Ma non è solo questo.

L’Euro, per come è nato, ha rappresentato una valuta rigida che, sin dalla sua creazione, non ha considerato le differenze e le peculiarità delle economie che univa. Non ha neppure considerato la necessità del consenso. L’Unione Europea negli ultimi vent’anni ha preteso di cambiare la vita degli europei consultandoli sempre meno e creando istituzioni strategiche completamente svincolate dal naturale processo democratico.

Abbiamo dunque una valuta rigida, una unione monetaria senza unione politica, un evidente deficit di democrazia. Abbiamo poi una economia che negli ultimi dieci anni ha letteralmente divorato tutte le altre: l’economia tedesca. La Germania, infatti, è l’unico Paese al quale senza alcun dubbio l’Euro ha fatto molto bene. In dieci anni la Germania ha registrato avanzi medi di bilancio tra il 5 e il 6% favorita dalla stabilità dei prezzi e dalla assoluta intrasigenza della BCE contro ogni forma di svalutazione. In questi dieci anni – paradossalmente – i Paesi oggi in difficoltà hanno fatto crescere la Germania. Si noti che l’80% di ciò che la Germania vende è assorbito nell’Eurozona. In dieci anni la Germania ha assorbito una impressionante quantità di ricchezza da tutti gli altri Paesi europei. La spiegazione non sta soltanto nella efficienza tedesca e nel “buon governo”. La spiegazione sta nel fatto che le economie meno forti di quella tedesca con l’Euro si sono trovate ad avere più vincoli che vantaggi. L’Italia ad esempio è sempre riuscita a mantenere a galla la Lira attraverso svalutazioni pilotate. Un classico di tutti i governi della cosiddetta Prima Repubblica consisteva nello svalutare la moneta per ridare competitività ai prodotti Made in Italy. Una volta bloccata questa possibilità i prezzi italiani nei primi anni dell’Euro sono schizzati in alto togliendoci qualsiasi competitività. Avere a Bologna gli stessi (se non più alti) prezzi che si ritrovano a Dortmund è un disastro. Non lo sostengo solo io, sono in buona compagnia. Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman parla di una integrazione monetaria non riuscita perché non ha tenuto in alcun conto le differenze.

Su questa situazione si innesta la ricetta della BCE per uscire dalla crisi, ossia la ricetta liberista. Monti oggi non avrà molto da dire a Sarkozy e alla Merkel se non relazionare su ciò che ha scoperto entrando nei Ministeri. Il fatto che Monti non abbia preso alcun reale provvedimento economico fa capire come è la situazione lasciata dalla coppia Tremonti-Sacconi. Le decisioni sul che fare Monti le prenderà dopo averle concordate con francesi e tedeschi e alla luce della reale situazione ereditata dal governo del Nonno Sporcaccione. Saranno i provvedimenti che ci aspettiamo: rastrellare denaro. Saranno i provvedimenti che non potranno tenere conto dello sviluppo perché delle due l’una: o si raschia il barile o si favorisce la crescita. Tuttavia, il problema di questa ricetta è che rastrellando quattrini si deprime ancora di più il mercato interno e le prospettive di crescita diminuiscono. Con quali mezzi Monti può pensare di rilanciare l’economia del Paese se le risorse saranno concentrate sulla riduzione del debito? La ricetta della BCE ci porta direttamente verso la situazione greca, ma l’esperienza greca non ha insegnato nulla. Qualsiasi sacrificio è assolutamente inutile se non si prevede un rilancio dell’economia. Ma rilanciare e stimolare l’economia è un processo quasi impossibile da realizzarsi, perché parte delle cose che potremmo fare sarebbero catalogate come sostegno indebito alle nostre imprese dall’Europa.

Siamo insomma in un vicolo cieco provocato dal dogma liberista. La ricetta è destinata a diffondere un impoverimento generalizzato e  provocare poi quel default tanto temuto. Come scrive giustamente Emiliano Brancaccio: “la sopravvivenza o meno della zona euro dipenderà soltanto dai calcoli delle autorità tedesche sui costi e sui benefici di una eventuale deflagrazione della moneta unica, sui quali in Germania si sta ragionando da diversi mesi”. I tedeschi stanno alla finestra e aspettano di capire cosa convenga fare. Le opzioni per Berlino sono due: salvare l’Eurozona o espellere la fascia dei Paesi problematici lasciando che se la cavino da soli. Quando il Presidente Napolitano ci dice che sarebbe una follia uscire dall’Euro non tiene conto che non siamo noi quelli che possono decidere di abbandonare la moneta unica o restarci: decide la Germania. Il problema per i tedeschi – lo sottolinea bene Brancaccio – è che i Paesi estromessi dall’Euro per salvarsi potrebbero chiudere i mercati ai prodotti tedeschi ed iniziare politiche protezionistiche oggi vietate. Il che, ovviamente, sarebbe un disastro per la Germania. Se i tedeschi fossero in grado di trovare mercati differenti per le loro merci e dipendessero meno da Italia, Spagna, Portogallo, etc per piazzare le loro automobili ci avrebbero già lasciati al nostro destino. Quel che è certo è che la Germania sta realmente provando a ridurre la percentuale dei suoi affari nell’Eurozona. Per i tedeschi oggi sarebbe meglio vendere le Mercedes ai cinesi e non agli italiani o agli spagnoli. Ma per aprire nuovi mercati c’è bisogno di tempo. Ed è per questo, per guadagnare tempo, che la Germania se la sta prendendo molto comoda con i problemi della Spagna e dell’Italia. Ed è per questo che ha lasciato morire economicamente la Grecia. Siamo mercati pericolosi che non interessano più la Germania. Siamo la gamba in cancrena che va tagliata al più presto possibile. Per questo l’idea di creare un eurobond non piace ai tedeschi: li legherebbe ad economie che sono solo un peso.

Mi spiace fare nere previsioni che poi si avverano come ho fatto in passato e come testimoniano le date dei post di questo blog. Lo scenario purtroppo è questo. La Germania sta solo prendendo tempo per salvare un Euro destinato all’Europa del Nord, liberarsi velocemente dei titoli di stato italiani con meno perdite possibili, sganciare il proprio mercato dall’eurozona e trovare nuovi mercati fuori dall’Europa per le sue merci. Ecco perché a nessuno in Germania conviene la morte dell’Italia ma una sua lunga agonia esattamente come è successo per la Grecia. Una lunga agonia che dia a Berlino tutto il tempo di riorganizzarsi. Una volta riorganizzata la Germania potrà lasciarci uscire dall’Euro perché non saremo più un mercato utile o pericoloso. La nostra unica carta da giocare sarebbe quella di usare un’altra ricetta per uscire dalla crisi. Puntare tutte le nostre risorse sull’espansione, abbassare le tasse, combattere con mezzi straordinari l’evasione fiscale e le mafie, colpire i patrimoni più rilevanti, investire subito in scuola, università, ricerca; ristabilire la coesione sociale distribuendo la ricchezza e stimolando il mercato interno.

Ma dubito che il liberista Monti riceverà ordini diversi da Parigi e Berlino e abbia l’acume e l’intenzione di sfidare i burocrati di Bruxelles e la Merkel in un colpo solo.

Liquidate l’eurozona, l’ora della Francia

16 mercoledì Nov 2011

Posted by Ars Longa in Economia

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Eurobond, Eurozona, Francia, Merkel, Sarkozy

Ieri e lunedì i commentatori del centro-destra sconfitto e in pezzi ironizzavano sul mancato effetto Monti sulle borse e sullo spread. Con tutto il provincialismo da Scilipoti presumevano che gli occhi fossero puntati sull’Italia. In realtà ieri è successo quello che oggi sul Financial Times descrive Neil Williams, capo economista del Hermes, uno dei fondi di investimento inglesi: “I mercati hanno perso la pazienza e stanno puntando alla giugulare cioé ai paesi centrali e non più alla periferia”.

Il domino dell'Euro

Si perché l’Italia è la periferia. Adesso tutto il sistema si è indebolito. Come dicevo l’anno scorso su queste pagine, finita la partita con la Spagna e l’Italia il colpo sarebbe andato a segno verso i cosiddetti “Paesi forti” dell’Eurozona. All’epoca l’ex amico Flaneurotic aveva dei dubbi. Ma da ieri non ci sono più dubbi. Lo spread tra Spagna e Germania ier è salito a 482 e se considerate che Irlanda e Portogallo hano alzato bandiera bianca con lo spread a 450 dovrebbe essere chiara la gravità della questione. Ma mi direte: “la Spagna è periferia”. Giusto. Guardiamo cosa è successo altrove: il Belgio è arrivato a 314 punti, la Francia è balzata a 192 e l placida Austria a 184. Persino Olanda e Finlandia hanno visto crescere la loro distanza dalla Germania.

I mercati stanno liberandosi di tutti i titoli di Stato fatta eccezione per quelli tedeschi che viaggiano a gonfie vele. Immaginatevi un branco di lupi che attaccano una mandria. Prima colpiscono i più giovani e i più vecchi, quelli che corrono meno. Poi quando il branco è terrorizzato si buttano su quelli vigorosi ma sfiancati. Sta succedendo esattamente questo. E il salto di 100 punti del differenziale tra Francia e Germania vi dice già che adesso i lupi stanno mordendo la Francia. Tutto come si prevedeva. Tutto mentre la Cancelliera Merkel sostiene che occorre modificare il Trattato di Maastricht e che, adesso, bisogna prevedere la possibilità per i Paesi aderenti di uscire dall’Euro.

Se la Grecia dichiarasse bancarotta si salverebbe e noi con lei

09 sabato Lug 2011

Posted by Ars Longa in Economia

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bancarotta, Bossi, dracma, euro, FMI, Francia, Giulio, Grecia, Irlandia, Marcegaglia, Portogallo, Spagna, Tremonti

Se qualcuno non lo avesse capito la partita della crisi finanziaria è arrivata al suo giro di boa. La corsa è cominciata nel 2001 con l’introduzione dell’Euro. A essere precisi è cominciata molto tempo prima, quando i vari Paesi hanno “messo ordine” nei loro conti per entrare nella moneta unica. “Mettere ordine” ha significato per molte economie semplicemente truccare i conti. La Grecia ha truccato i conti, hanno truccato i conti gli irlandesi, i portoghesi, gli spagnoli e anche noi italiani. Tutti sapevano che c’era il trucco ma nessuno ha fiatato. Non hanno obiettato neppure i francesi e i tedeschi. Occorreva fare l’euro a qualsiasi costo. Nel primo decennio dell’euro è successo quello che anche un bambino avrebbe saputo predire: le economie forti avrebbero egemonizzato quelle piccole. I soldi dei risparmiatori francesi e tedeschi hanno nutrito le banche francesi e tedesche, le banche hanno prestato soldi ai Paesi più deboli, i paesi più deboli hanno comprato i prodotti francesi e tedeschi e il meccanismo ha continuato a girare. Un meccanismo rozzo che per continuare a funzionare ha bisogno di essere continuamente alimentato. Il risultato è che le economie più deboli in Europa si sono indebitate al di là del possibile. Oggi la ricetta

Non sempre una crisi profonda è un guaio

per salvare la Grecia è un esempio dell’imbecillità politico-economica che domina Parigi e Berlino, soprattutto Berlino. Il primo prestito concesso alla Grecia ha salvato le banche francesi e tedesche che si erano indebitate con i buoni del tesoro greci. Oggi arriverà alla Grecia un secondo prestito di 120 miliardi di euro con un tasso di interesse annuo del 5,2%. Per restituire il nuovo (e il precedente prestito) il governo greco varerà altre manovre di austerità e venderà ai privati tutto quel che può vendere. Grazie a questa ricetta la Grecia comincerà a restituire i soldi ottenuti a partire dalla metà del 2012. Questa è la favoletta che ci raccontano i giornali e che francesi e tedeschi ci fanno credere. In realtà tutti sanno che è pura fantascienza. La Grecia non è in grado di restituire niente a nessuno. La ragione è semplice: nessuna nazione è mai uscita da una crisi soltanto con i tagli. Anzi, i tagli se fatti male, se fatti in modo orizzontale – come quelli del nostro disastroso ministro Tremonti – non guariscono ma affossano. Ed infatti i tagli già attuati in Grecia non hanno portato a nessun risultato positivo: alla fine dell’anno la disoccupazione sarà al 20% (oggi è al 16%), le entrate fiscali sono diminuite perché c’è sempre meno da tassare e chi evade le tasse continua a farlo indisturbato. A questo punto salvare la Grecia è una questione che ha ben poco a che fare con i greci. Se i governanti greci avessero a cuore il loro popolo farebbero l’unica cosa sensata che gli rimane da fare: dichiarare bancarotta e uscire dall’Euro. Adottare cioè la ricetta  dell’Argentina nel 2001. Gli argentini nel 2001 hanno detto “no, grazie” agli aiuti del Fondo Monetario Internazionale e hanno semplicemente dichiarato di non avere più risorse per far fronte ai deboli. Hanno cioè detto – scusate il “francesismo” ma è per capirci meglio – “fottetetevi” al capitale internazionale, ai fondi pensione, agli speculatori piccoli e grandi. E così sono andati a farsi fottere anche un certo numero di “risparmiatori” italiani che avevano comprato bond argentini. Non ho alcuna solidarietà per questi connazionali e – anzi – sono anche un po’ contento che abbiano perso i loro soldi. I bond argentini promettevano interessi da usurai e i “risparmiatori”, consigliati dalle banche accorrevano come api sul miele. A pagare quegli interessi folli sarebbero stati i cittadini argentini. Bene. Cosa credete sia successo all’Argentina dopo il 2001? Da quella bancarotta l’Argentina si è risollevata e – libera dal peso dei debiti e degli interessi – ha cominciato a volare diventando una delle economie sudamericane più in crescita. Allora il punto è: la Grecia è già fallita ma fa comodo a tedeschi e francesi tenerla in stato di coma vegetativo. La speranza è che massacrando i cittadini greci si possano salvare gli investimenti stranieri in Grecia, non i greci. Ma cosa succederebbe se domattina i greci riprendessero in mano il proprio paese e dichiarassero bancarotta? Tutti gli euro della Grecia si trasformerebbero in una notte in svalutatissime dracme. La gente soffrirebbe e soffrirebbe molto per un paio d’anni ma l’intera economia nel giro di quattro-cinque anni si rilancerebbe proprio perché senza  debiti e fuori da quella follia strangolatrice che è diventata l’euro per le piccole economie del Sud-Europa. I greci soffrirebbero ma per un periodo di tempo inferiore a quello che soffriranno per restituire i prestiti “generosamente concessi” dai tedeschi e dai francesi. A trovarsi in una brutta situazione sarebbe Berlino e Parigi. Perché se i greci uscissero dall’euro dichiarando bancarotta anche irlandesi e portoghesi sarebbero tentati a fare altrettanto. Poco male si dirà: i soldi per assorbire il colpo di tre piccole economie ci sono. A fatica ma ci sono. Solo che si aprirebbe come una voragine il problema della Spagna e pi quello dell’Italia. La Spagna è la dodicesima economia mondiale, l’Italia la settima. Non ci sono abbastanza soldi per salvarle tutte e due. Anzi neppure per salvare la Spagna. Per questo motivo formalmente la Grecia non deve fallire. Per questo motivo saranno i cittadini a pagare la corruzione, il disordine, l’avidità, l’assenza di ogni eticità dei loro governanti. L’euro oggi fa comodo solo ai tedeschi e (anche se un poco di meno) ai francesi. Non fa comodo agli irlandesi, ai portoghesi, ai greci e agli spagnoli. E non fa più comodo neppure a noi italiani.
Già …. noi italiani. Noi che abbiamo una delle classi dirigenti più corrotte ed incapaci, una classe imprenditoriale fatta per lo più di “padroni” medio piccoli. E quando dico “padroni” non sto riesumando un lessico marxista. Perché sono veramente “padroni” questi ex-artigiani troppo cresciuti, ignoranti di ogni cosa che non sia il profitto immediato, senza serie basi di preparazione imprenditoriale che ci stanno tirando a fondo. I greci non hanno industrie e noi non abbiamo industriali. E, a guardare bene, il risultato finale è lo stesso. Guardate le statistiche a proposito dell’impiego di dirigenti nelle aziende italiane. Guardate i cda delle aziende del mitico nord-est. Ci troverete i figli e le figlie impiegate in ruoli chiavi: direttori marketing, comunicazione, produzione. Non gente che si è preparata ma i figli e le figlie di ex-artigiani che fanno finta di essere imprenditori. Gente che ai convegni parla di “innovazione” e che sa risanare i bilanci solo portando la produzione all’estero o licenziando e comprimendo i salari.
Oggi Bossi, il “senatur” della Lega Nord, dice che siamo fortunati: se non ci fosse la Lega faremmo la fine della Grecia. Siamo abituati alle dichiarazioni prive di senso di Bossi (che giustificano la non brillante fama del figlio, “il Trota”) ma c’è da temere che in questa dichiarazione ci creda realmente. La Lega tiene attaccata la spina ad un governo assolutamente incapace di gestire la crisi che bussa alle nostre frontiere. Avremmo il tempo per parare il colpo.  Ma ci servirebbero degli statisti e non dei politicanti. Servirebbe dare un colpo mortale all’Italia delle corporazioni e delle lobby. Servirebbe abolire gli ordini professionali, far rientrare i nostri soldati dai teatri di guerra e fermare per due anni le spese militari che non siano la normale amministrazione. Servirebbe puntare realmente sulla innovazione spendendo soldi a palate nei settori economici più promettenti. Servirebbe smettere di ascoltare le assurdità che la Marcegaglia emette un giorno sì e uno no. Servirebbe introdurre una vera riforma fiscale che rilanci la classe media e tassi in modo anche spietato le rendite finanziarie. Servirebbe cioé mettere in dubbio a 150 anni dalla fondazione del Paese quei fondamenti cialtroneschi che ci hanno impedito di diventare un Paese serio. Questo non è il momento di fare tagli indiscriminati, è il momento di rilanciare la ricerca, la scuola e l’università, le energie rinnovabili. Questo è il momento di creare un nuovo patto generazionale e nazionale. Questo è il momento di ridare dignità al lavoro. Perché se anche arrivassimo al pareggio di bilancio con il 15% di disoccupazione generale e il 40% di disoccupazione giovanile (sì è un’altra previsione, potete segnarvela) ci arriveremo morti. Se solo la Grecia avesse l’orgoglio che neppure noi abbiamo e dichiarasse bancarotta ci porrebbe tutti di fronte alla realtà. Dubito che i greci vogliano farsi questo favore e vogliano farlo a noi.

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