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Ieri il Financial Times attraverso il suo commentatore Gideon Rachman si domandava se la Germania vuole che la Grecia esca dall’Euro. Rachman sottolineava che non esiste “una Germania” riguardo a questo problema ma diverse Germanie. Da un lato c’è Angela Merkel che sottolinea il pericolo per l’Eurozona in caso di uscita della Grecia. Dall’altro c’è il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, convinto che non sia ragionevole buttare altri soldi per un salvataggio disperato. Rachman concludeva il suo pezzo suggerendo che nell’Eurogruppo stanno prevalendo le idee di Wolfgang Schäuble.
Avevo già scritto mesi fa che la strategia tedesca è quella di prendere tempo. Se l’80% delle esportazioni tedesche finiscono all’interno dell’Eurozona la Germania presto o tardi avrà un problema. Il problema si sta avvicinando. Alcuni indicatori segnalano che le commesse e le vendite cominciano a calare. Detta volgarmente si comincia a sentire che meno spagnoli, italiani, francesi comprano automobili tedesche. Per non parlare di portoghesi e greci. Prendere tempo per i tedeschi significa riuscire a ridurre la quota di esportato e spostarla verso Stati Uniti, Cina, etc. In questo senso diventa importante lasciare che la Grecia affondi al momento giusto, non un minuto dopo né un minuto prima. Oggi i giornali finanziari riportano che la Germania propone alla Grecia di non tenere elezioni (come previsto) ad aprile e creare un governo tecnico che non abbia politici al suo interno. Scommetto che questa idea l’avete già sentita e profuma molto di Governo Monti. Insomma i tedeschi vogliono che in Grecia ci sia totalmente il modello italiano: azzeramento della volontà popolare e governo di economisti liberisti. Ancora una volta perché ai tedeschi serve tempo. Se la Grecia esce oggi dall’Eurozona il cambio euro/dollaro potrebbe cambiare e potrebbe cambiare in senso sfavorevole agli interessi tedeschi.
Ma la Grecia può farcela da sola? Circolano sulla Grecia idee false. Gira la voce che sia un Paese da Terzo Mondo. Non è così. Si dice che i greci non paghino le tasse, ma le tasse in Grecia rappresentano un terzo del PIL ossia una percentuale superiore alla media europea. Si dice che i dipendenti pubblici siano troppi ma in realtà sono un quinto della forza lavoro del Paese, ossia una percentuale nella media europea. Si dice che la corruzione è diffusa ma risulta che sia concentrata nel settore della Sanità. Si dice che i greci mancano di spirito imprenditoriale ma le piccole e medie imprese greche sono al di sopra della media europea.
Quali sono allora i veri problemi della Grecia? La Grecia è molto indietro dal punto di vista della informatizzazione. Di fatto la macchina pubblica procede con un livello di informatizzazione bassissimo. Altro problema: non c’è comunicazione tra i ministeri. La classe politica greca è abituata a tenersi le informazioni, perché l’informazione è potere e scambiarla può significare offrire più potere agli altri. Un terzo dell’economia dipende dal turismo e dalle spedizioni internazionali ossia da settori dove il controllo dello Stato è debole e legato soprattutto alla volontà dei turisti e degli spedizionieri. Non esistono grandi imprese e la vecchia favola assurda del “piccolo è bello” è appunto una favola nel mercato della globalizzazione.
Questi problemi della Grecia sono esattamente gli stessi che ha il Portogallo, che ha la Spagna e che ha l’Italia. Rileggete il paragrafo precedente, sostituite la parola “Grecia” con la parola “Italia” e – sono sicuro – vi ritroverete ad essere d’accordo. Aggiungiamo un altro punto importante: la Grecia non ha un modello di posizionamento. Significa che tra l’estremo delle economie a basso costo produttivo (ossia le economie che spremono i lavoratori e producono a bassa prezzo) e quelle più avanzate la Grecia deve ancora trovare un suo mercato di nicchia. L’Irlanda pensò di trovarlo anni fa aprendosi al mercato estero con basse tasse per chi voleva installarsi nel Paese e arrivò Apple e altre grandi imprese. Qualcuno mi può dire che gli investitori arrivano dove ci sono buone infrastrutture, quadro legislativo rapido e intelligenze. Altra favola. l’Irlanda non aveva (e non ha) buone infrastrutture, non aveva (e non ha) un quadro legislativo rapido: ha solo le intelligenze. Esattamente come la Grecia. Quindi il problema della Grecia, un altro dei problemi della Grecia, è l’assenza di un modello di sviluppo.
Dovrebbe essere chiaro che una politica di austerità non è un modello di sviluppo, l’austerità può (parzialmente) ridurre il debito pubblico ma provoca la recessione. La recessione provoca disoccupazione, la disoccupazione crea abbassamento della produzione e della domanda, l’abbassamento di produzione e di domanda impoverisce. I poveri pagano meno tasse e se si pagano meno tasse lo Stato ritorna al punto di partenza. Per dirla brutalmente: se per mantenere la vostra automobile dovete pagare 3.000 euro di bollo all’anno e non avete possibilità di far fronte a questo aumento comprate una macchina più piccola. Se alzano il bollo anche delle macchine piccole vendete la macchina o girate senza bollo. Il risultato è che lo Stato ha aumentato l’imposta ma incassa meno di quando l’imposta era più bassa.
Allora qualcuno può dire: come si esce da questa situazione? Occorre tempo anzitutto. Una economia non riparte come una motocicletta ad un semaforo. Una parte dell’economia o meglio dei settori economici riparte più velocemente di altri. I settori più veloci sono quelli che impiegano poca manodopera, gli altri seguono lentamente. Per un certo periodo disoccupazione e povertà rimangono alti. Ripartire per la Grecia significa avere il tempo e la lucidità di ripensare il modello economico e il suo posizionamento. Una operazione difficile se fatta sotto i fucili europei. Ripartire significa decidere che il piano europeo che entro il 2020 vuole portare il rapporto debito/PIL dal 160% al 120% non risolve nulla. Non risolve perché significa pensare a sette anni di lenta agonia per arrivare ad un debito ancora insostenibile. Occorre la ristrutturazione del debito. Occorre cioé fare in modo che i debiti greci siano diluiti nel tempo, che parte di questi debiti vengano cancellati. Perché in questa situazione non ripartirebbe nessuno.
La Grecia è nella stessa situazione della Germania pochi anni prima dell’avvento del nazismo: soffocata dai debiti di guerra, con bassa produttività, larga disoccupazione e povertà. La politica usata per uscire dalla crisi è quella che usò Heinrich Brüning nella Germania del 1930: tagli di bilancio, tagli degli stipendi pubblici, aumento delle tasse. Brüning pensava che questa fosse la ricetta per pagare i debiti. Il tutto senza un piano di sviluppo. Ovviamente più procedeva su questa linea meno denaro riusciva a racimolare. Il risultato fu quello di spostare gli elettori verso i nazisti che promettevano la cancellazione del debito di guerra che soffocava il Paese. Brüning dovette dare le dimissioni e aprì le porte alla barbarie nazista. Ovvio che in Grecia non arriverà un Hitler. Ma è altrettanto ovvio che questa ricetta non salverà la Grecia.
E se anche le nostre dimensioni economiche non sono quelle greche, E se anche il presidente Napolitano insiste (direi con poca cortesia verso Atene) nel dire che noi “non siamo la Grecia”, i problemi strutturali della Grecia sono la fotocopia dei nostri. Italiani, Greci, una razza una faccia.