Quando qualcuno ha diffuso la notizia che la Finlandia avrebbe l’intenzione di uscire dall’euro mi sono ricordato di un money game che Thomas Friedman pubblicò sul New York Times alla fine del 1996. Immaginate – diceva Friedman – una Finlandia che ha i conti in ordine ma li ha perché si basa su due soli settori: telefonia e carta. Immaginate che uno dei due settori vada in crisi. Che vada in crisi la Nokia o che i russi dopo anni di difficoltà tornino sul mercato della carta e spazzi via come birilli svedesi, norvegesi e – appunto – finlandesi. La Finlandia dentro l’euro non può battere moneta e quindi non può svalutare il cambio. Se vuole sopravvivere deve fare esattamente due cose: o esce dall’euro o comincia ad abbassare i salari.Non essendoci una politica fiscale europea i finlandesi dovrebbero andarsi a cercare lavoro altrove. Money game. Come vedete vi cito un giornalista e non un articolo di qualche convegno o di qualche economista. Il problema c’era e bastava capire l’abc.
Il problema non è l’intuibilità dei problemi di un cambio fisso. Il problema non è neppure la sovranità nazionale sulla moneta. I Tedeschi non ne avevano bisogno. A loro interessava il sistema del Mercato Unico che funzionava benissimo anche senza moneta unica. I tedeschi sapevano benissimo che bisognava andare cauti. Due dirigenti politici della CDU: Wolfgang Schäube e Karl Lammers lanciarono l’idea della Kerneuropa. Un euro nel quale per almeno due anni dovessero stare fuori Portogallo, Spagna, Italia e Grecia. E di questa idea era Chirac, l’allora ministro delle finanze Wagel, gli olandesi. L’articolo 105 del Trattato di Maastricht prevedeva (e prevede) che la priorità assoluta debba essere data alla stabilità dei prezzi. L’articolo 107 prevedeva e prevede l’indipendenza della BCE. Il Patto di Dublino del 1996 obbligava i paesi membri a mantenere il rapporto deficit/PIL nel tetto massimo del 3%. L’Articolo 104c, comma 11 stabiliva e stabilisce meccanismi di punizione in caso di sforamento. Punizioni che sono, di fatto, la perdita della autonomia economica del paese trasgressore. L’idea di Kerneuropa non era male. Ma noi, gli spagnoli, i portoghesi decisero di raggiungere i criteri stabiliti entro il 1997. La ragione era semplice: la distanza tra le valute del sud europa e il marco in termini di tassi diminuiva quando si faceva concreta la possibilità di una adesione immediata. Si temeva che ritardare l’entrata avrebbe comportato perdita di fiducia dei mercati. Lo spread sarebbe aumentato e la possibilità in due anni di salire sul treno dell’euro in corsa si sarebbe allontanata perché il rapporto deficit/PIL sarebbe ancora aumentato. Bisognava fare in fretta e salire subito sul treno.
Qualcuno si dimentica che nel maggio del 1996 i tedeschi non volevano che la lira rientrasse nello SME-2. Che ci fu una lunghissima e aspra trattativa. Il Frankfurter Allgemeine Zeitung preconizzava che, per sfuggire alle regole, gli italiani avrebbero creato “patti di interesse con gli altri paesi in difficoltà”. L’euro, preconizzavano, sarbbe stato più debole del marco. Ma non era per passare da una valuta forte ad una debole che i tedeschi accettavano di entrare nell’Euro. Nel novembre del 1996 il Sole24Ore pubblicava una inchiesta dalla quale risultava che i cittadini tedeschi non avrebbero voluto un euro con dentro gli italiani. Il 5 aprile del 1997 al consiglio Ecofin di Noordwijk il ministro delle finanze Tetmeyer disse. “la convergenza dei tassi di interesse a lungo termine riflette le politiche economiche e la gestione fiscale. Ma se la convergenza fosse basata solo sulle aspettative che certi Paesi diventino membri dell’unione monetaria, ciò potrebbe diventare pericoloso per i paesi interessati”.
Non vi sto dicendo questo per dirvi che i tedeschi non ci volevano nell’Euro. Questa è storia e dovrebbero conoscerla anche gli econometristi di Pescara. Non sto dicendo che nell’Euro ci siamo voluti entrare per forza o per amore noi, consapevoli di tutte le regole. Anche questo è un fatto ovvio. Quel che vi sto dicendo è che i Tedeschi l’Euro non lo volevano ma l’Euro è stato il prezzo per riunificare il Paese. Quando i Tedeschi annunciarono la loro intenzione di riunificare le due Germanie Mitterand era letteralmente imbestialito. Andò in visita ufficiale a Kieve, incontrò Gorbaciov chiedendogli esplicitamente che l’Unione Sovietica agonizzante si opponesse. Poi andò in Germani Est e pubblicamente annunciò che la Francia sosteneva l’esistenza in vita della Germania Orientale. Tutto questo succedeva nel dicembre del 1989. Poi – neppure fosse il miracolo di Lourdes – nell’aprile 1990 Kohl e Mitterand firmarono un protocollo bilaterale nel quale Parigi e Berlino annunciavano la loro intenzione di far compiere all’Unione Europea un passo in avanti. L’Euro in cambio della riunificazione. E Berlino accettò la proposta francese ma pretese alcune garanzie che sono poi quelle del Trattato di Maastricht. Ma le garanzie chieste dalla Germania – appunto – non sono state scritte di nascosto. Stavano lì. Nessuno ha costretto nessuno. E non si vede perché la Germania avrebbe dovuto accettare di passare da un Marco forte ad un Euro debole senza regole. Il tentativo di far fare anticamera all’Italia e agli altri Paesi del sud Europa attraverso il progetto della Kerneuropa mirava a ridurre il sapore di una polpetta indigesta per i Tedeschi.
2013. Ha perfettamente ragione Brancaccio quando lancia l’avvertimento a proposito dei “fire sales” ed ha profondamente ragione quando nota che alla Germania interessa l’Unione Europea e non l’Euro. Gli italiani vogliono far saltare la moneta unica? Magari! Sai che festa a Berlino. Magari se la fanno saltare senza predisporre quelle due o tre cose di base che ancora Brancaccio sottolinea (indicizzazione dei salari, ripristino temporaneo dei controlli amministrativi sui prezzi “base”, politiche di limitazioni degli scambi) anche meglio. Perché pensare di uscire da un quadro neoliberista semplicemente chiudendo la porta e lasciando la luce accesa, uscire dall’Euro come da ragazzini succedeva quando il padrone del pallone decideva di andarsene a casa è un assurdo (e non mi viene in mente altro eufemismo per non dire di peggio). Uscire dall’Euro non è una operazione facile facile, un “basta volerlo”, un prendere coscienza dell’implicito nazismo del sistema in cui ci siamo ficcati a tutta velocità. Ed è una operazione da asilo mariuccia suonare la trombetta e chiamare a raccolta contro gli “alamanni”. Perché se esci male ti ritrovi anche peggio. Ma non per le ragioni che gli euroentusiasti vagheggiano. L’armageddon non ci sarà per il semplice fatto di uscire dall’Euro. Ci sarà invece perché se venisse realizzata l’uscita come è stata realizzata l’entrata, a pagare il prezzo di tutto sarebbero sempre gli stessi poveracci che rimarrebbero con tutta la scatola di cerini in fiamme tra le mani. Uscire dall’Euro senza una chiara strategia del “come” fidandosi delle taumaturgiche possibilità della “sovranità monetaria” (che poi è un altro concetto bufala perché non esiste più una effettiva sovranità nazionale monetaria nel mercato globale) è la corsa dei lemming verso la scogliera. Uscire dall’Euro rimanendo nell’Unione, dire insomma “abbiamo scherzato, riportiamo l’orologio al 1999” riscuoterebbe forti applausi a Berlino. Ci accompagnerebbero alla porta sorridendo a pacche sulle spalle. Non è l’Euro al tramonto ma l’Unione Europea nelle sue premesse teoriche. Ma questo non si può cogliere se non si è capaci di fare una seria analisi che vada al di là degli slogan da talk show. C’è una complessità là fuori che investe e richiede competenze complesse. Non ci sono solo aspetti economici da dominare con qualche sequenza di dati autoesplicanti. Ci sono questioni storiche, geopolitiche, sociali intrecciate le une con le altre. Ed ogni risposta semplice ad un problema complesso o è un atto di arroganza o un progetto in malafede, o tutte e due le cose insieme insieme.
I Tedeschi cattivi cattivi
10 mercoledì Lug 2013
Posted Economia
in
Filippo ha detto:
D’accordo che ci sia bisogno di valutare piu che bene cosa serve fare per far ripartire il paese, meglio di come sia stato fatto in passato con l’ingresso nello SME 2 e poi nell’€ Ma le conseguenze del rimanere dentro lasciando le cose così come stanno qualcuno le ha valutate? Per un altro anno o due? Io credo che basti guardare a cipro, Spagna o Grecia, è quello il futuro che ci aspetta.. Visto krugman che ha parlato di come UK ha deciso di rimanere fuori dall’€: ha commissionato diversi studi e scenari a economisti diversi e , anche se magari la decisione politica era già presa , la maggioranza di questi ha dato ragione che l’ Europa non era una avo ottimale, e son rimasti con la sterlina
Ars Longa ha detto:
Bene Filippo, mi pare che qualunque cosa cosa io scriva lei ritorni pervicacemente all’attacco con gli stessi rilievi. Certe volte, come in questa, trascurando i temi propositi dal post. L’intervento voleva principalmente dire una cosa: l’idea che l’Euro sia il punto finale del “progetto imperialistico della Germania” è una scemenza. Primo perché l’Euro i Tedeschi non lo volevano (stavano benissimo con il Marco), secondo perché lo hanno subito come contropartita per ottenere il semaforo verde francese sulla riunificazione; terzo perché, nel suo processo di creazione, non hanno tramato nell’ombra per fregare tutti. Le regole stavano scritte ben chiare e nessuno ha agito come quelli che cercano di rifilarti l’enciclopedia facendoti firmare una qualsiasi petizione. Non c’è stata truffa, sapevamo quel che facevamo. Anzi hanno anche tentato di dissuaderci ma noi abbiamo insistito per paura e per malinteso orgoglio. La Germania ha fatto il suo gioco ad un tavolo dove ci siamo seduti volontariamente. Il nostro insuccesso non è causato dalla crescita della produttività tedesca dovuta a innovazione e migliore organizzazione. Perché questa supposta crescita così spaventosa è il risultato di debolezze e forze che esistevano già prima dell’Euro. Sto dicendo che non c’era neppure bisogno di ricorrere all’analisi delle Aree Valutarie Ottimali per capire che l’Euro dovesse essere costruito diversamente. Soltanto l’economista mestrepolitano con l’hamburger(s) in mano e i piedi sulla scrivania può raccontare la favola che è una cosa “ridicola” sostenere che sin dagli anni ’90 si intuiva facilmente che l’Euro era destinato a implodere nelle sue contraddizioni. E quando dico costruito diversamente voglio dire tutto quello che ne consegue: non lasciare a qualche mano invisibile l’omogeneizzazione dell’economia. Il problema che il guru di Pescara sorvola e che il mestrepolitano sa benissimo è che l’Euro è un progetto prima di tutto politico e poi, solo poi, puramente economico. Ed è il culmine non dell’imperialismo tedesco ma del progetto neoliberista. Bisogna essere ciechi e tonti oppure in perfetta malafede per non vedere che l’Euro è stata una operazione che mirava ad imporre definitivamente un modello economico e sociale. Operazione che continua tuttora con la seconda parte: unione fiscale e unione bancaria. Ne parla opportunamente The Walking Debt stamattina. Lo ripeto il problema è sistemico. E va visto in termini sistemici. Non è uscire o no dall’Euro l’opzione perché se anche lo si facesse o lo si potesse fare e si rimanesse dentro la logica dell’Eurozona non cambierebbe assolutamente nulla. Lei può continuare a dirmi – a dispetto di tutto quel che scrivo – che bisogna uscire subito dall’Euro, io continuerò a risponderle che in primo luogo a fare la differenza è “come” si esce e “da cosa si esce”. E soprattutto con quale idea di scenario per il dopo. Ossia con quale idea di società, di struttura non solo economica. Uscire mantenendo stretto il mantra neoliberista non serve a niente. Avere la capacità di stampare e svalutare la propria moneta senza avere una chiara idea del modello di società che si vuole non serve a niente.
Filippo ha detto:
Scusa se la mia voglia di confrontarmi può sembrare un attacco nei tuoi confronti, in realtà apprezzo molto il tuo lavoro qui sul blog!
A mio avviso i tedeschi non son cattivi cattivi, hanno solo una preoccupante tendenza a primeggiare, e una invidiabile senso patriottico che li spinge a difendere i propri interessi nazionali prima di ogni altra cosa;
Queste le parole dell’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl, colui che si adoperò con tutte le sue forze affinché l’Italia entrasse nella prima “tranche” dell’euro. Egli, nel 1996 affermò: “un’Italia fuori dall’euro farebbe una concorrenza rovinosa all’industria tedesca. L’Italia deve quindi essere subito parte dell’euro, alle stesse condizioni degli altri partner”
http://www.antiit.com/2011/03/quando-kohl-impicco-litalia-alleuro.html
Sei sicuro che, mentre i debolissimi politici italiani, usciti con le ossa rotte e credibilità azzerata da tangentopoli, spingevano o erano spinti contro l’interesse nazionale ad entrare nello SME2, loro non facessero solo melina sui giornali, quando in realtà i tedeschi più accorti sapevano che dal punto di vista economico loro con una bassa inflazione, infrastrutture migliori, etc, avrebbero sbaragliato il loro principale concorrente manifatturiero nell’eurozona?
Ars Longa ha detto:
Per inciso: tutte le nazioni hanno la tendenza a primeggiare e a difendere i propri interessi. Noi nel 1969 finanziammo il colpo di stato di Gheddafi in una riunione dei servizi segreti ad Abano Terme per scalzare le imprese inglesi e francesi che re Idris favoriva. E per coprire i sospetti accettammo anche che i nostri connazionali in Libia venissero derubati ed espulsi. Faccia lei.
Tornando al problema tedesco. Non ci fu nessuna melina ma uno scontro durissimo tra BUBA e Kohl. L’SPD era contraria all’Euro come la maggioranza dei tedeschi. D’altronde la dichiarazione di Kohl era manifestamente falsa. Vent’anni prima, 1974, i tedeschi ci salvarono dal disastro economico con un maxi-prestito che ci tenne a galla garantito dalle nostre riserve auree. L’accordo era il seguente: “La Banca federale germanica metterà a disposizione della Banca d’Italia per un biennio, con un onere di interessi uguale a quello dei buoni del Tesoro degli Stati Uniti, due miliardi di dollari contenuti nelle proprie riserve. La Banca d’Italia, dal canto suo, garantisce il ripagamento delle somme utilizzate su tale apertura di credito mediante una quota d’oro delle sue riserve“. Il prestito fu rinegoziato nel 1976 perché non eravamo in grado di restituirlo. Vent’anni dopo la nostra situazione era certamente migliorata ma supporre che facessimo paura ai tedeschi e che questi ci temessero in quanto “principale concorrente manifatturiero nell’eurozona” è cosa che non può essere sostenuta neppure dal più sfegatato patriottardo. Ci sbaragliavano comunque euro o non euro. Erano i francesi che ci volevano dentro, una parte della CDU e ovviamente noi che non avevamo la più pallida idea di ciò che firmavamo.
Il problema di chi si balocca con l’idea della congiura tedesca ai nostri danni è non voler accettare che nell’Euro ci siamo voluti entrare noi mentre tutti gli altri non ci volevano. Il 2 maggio 1998 il Bundestag autorizzò Kohl non a far entrare da subito l’Italia nell’Euro ma, nell’ultimo tentativo di fermarci, lo autorizzò a votare in favore dell’Euro con l’ammissione dei Paesi indicati dalla Commissione Europea. Ma per capire cosa successe forse dovrebbe rivolgersi a fonti meno sbilenche di quelle che mi ha linkato. Ad esempio provi a scaricarsi questo paper dal titolo “Italy’s admission to the third stage of the European Monetary Union. A case study on the diplomacy of european integration“. Certo non è stato scritto a Pescara ma a Princeton e l’autore è attualemnte il Console Generale d’Italia a San Francisco. Però qualcosa mi dice che la ricostruzione non combaci con quel che va dicendo un econometrista nostrano.
Filippo ha detto:
Nessuno ha preconcetti con cui convincere gli altri, solo diverse letture dei fatti, e fonti variegate: alcune non saranno attendibili, forse mentono o distorcono gli episodi e i fatti per convinzioni personali, politiche, economiche, alzaimer…
a sentire nino galloni sembra che a bocciare l’entrata ritardata nello SME2 sia stata una telefonata di Kohl, anche Graziani nel 94 diceva che per lui lo SME era un progetto morto.
Anche il paper che mi hai citato va valutato nell’ottica di chi l’ha scritto: non conosco la storia del console, ma fosse un prodiano potrebbe mai dire che tutti gli sforzi fatti dagli italiani non erano nel nostro pieno interesse nazionale?
leggendolo intravedo una visione liberista, positiva su abolizione della scala mobile e le riforme del lavoro e il disastro se non fossimo riusciti nell’impresa, non una serena valutazione di costi e benefici dal punto di vista italiano; più volte invece è citato il timore della concorrenza italiana con una una moneta svalutata, come se chi scrive non fosse contento che grazie ad un cambio vantaggioso esportavamo all’estero, ma facesse valutazioni morali sulla svalutazione, mentre in gran parte son state svalutazioni difensive da shock esterni .
Ciampi poi, il difensore della banca centrale indipendente sugli altari mentre forse proprio per causa sua (divorzio) è raddoppiato il debito pubblico e la disoccupazione giovanile negli anni ’80..
poi col debito che avevamo non era meglio oggettivamente mantenere un pò di inflazione in più, che si mangia il debito e fa crescere il PIL, anche se i tassi da pagare erano più alti?
non tiro fuori i complottisti che parlano di Moro e Baffi contrari agli agganci monetari se no mi banni per trollaggio!
Valerio ha detto:
Il problema che il guru di Pescara sorvola […] è che l’Euro è un progetto prima di tutto politico e poi, solo poi, puramente economico.
Maastricht è un manifesto ideologico: meno Stato (ergo più mercato).[…]la scelta politica di privarsi dello strumento del cambio diventa strumento di lotta di classe. […] solo perché l’ottusità ideologica impone di concentrarsi sul sintomo (lo squilibrio pubblico, che può essere corretto solo tagliando), anziché sulla causa (lo squilibrio esterno, che potrebbe essere corretto cooperando). […] il “cambio forte” serve a disciplinare i sindacati. […] la mancanza di procedure di uscita è solo un espediente retorico, il cui scopo è quello di radicare nel pubblico l’idea di una “naturale” o “tecnica” irreversibilità di quella che in fondo è una scelta umana e politica (e come tale reversibile)? […] Ma gli elettori cominciano a intuire che la macelleria sociale si può chiudere uscendo dall’euro.Bagnai, 23/08/2011
Meno male che non l’ha capito, altrimenti chissà che scriveva.
Poi, l’euro non può essere un progetto prima politico e poi puramente economico: o è puramente (=solamente) economico, o è prima politico e poi economico. Dovreste chiedere corsi d’italiano migliori al ministero della propaganda tedesco.
Ars Longa ha detto:
Io ho una mia teoria: mai censurare uno che scrivendo stupidaggini si percuote fortemente i piedi con la zappa. Però adesso mi do una regola: alla terza stupidaggine di fila casso definitivamente il postatore. Santoro lei sta a due. Può postare soltanto un’altra stupidaggine poi qui si abbassa la saracinesca. La stupidaggine, intendiamoci bene, non è postare quanto scriveva il pifferaio pescarese due anni fa. Questa è catalogabile come scusabile botta di servilismo ottuso. Il suo eroe (e poi si decida: o parla come Santoro o come Bagnai, se parla come Bagnai vada sul blog di Bagnai) quando scriveva quello che lei riporta era nella fase “vediamo se mi riesce far finta di essere di Sinistra”. Era l’epoca di “Sbilanciamoci” e di “Sollevazione” (ma a Sollevazione Pasquinelli aveva già intuito il personaggio). Poi si è passati alla fase “grillina” e adesso alla fase della “setta privata”. Tant’è che quanto lei riporta è stato detto da persone assai più attrezzate di Bagnai parecchio tempo prima. Adesso la vulgata è differente. Tant’è che il Bagnai versione 3.0 ossia 2013 sull’argomento sorvola. D’altro canto alle virate ideologiche Bagnai ci ha abituati come documentato sin dai tempi nei quali trotterelleva a Lisbona al seguito di Prodi.
No la stupidaggine è l’ultima frase: “Dovreste chiedere corsi d’italiano migliori al ministero della propaganda tedesco”. Frase accettabile soltanto da qualcuno che vuole procurarsi la patente esplicita di mentecatto. Perché è evidente che soltanto un mentecatto può elaborare una simile tesi a margine di un post che ricorda – eventi e dati alla mano – che nell’Euro ci siamo voluti entrare noi felici di firmare il Trattato di Maastricht. Ma se lei vuol continuare a raccontarsi la favola idiota dei cattivi tedeschi che ci hanno teso la trappola in cui noi virtuosi italiani siamo caduti, faccia pure. Ma non qui. Vada sul blog di Bagnai che magari il suo guru le dirà anche “bravo”.
Infine la frase che lei cerca di incriminare va letta con quel minimo di intelligenza che richiederebbe. Gliela traduco. L’Euro nasce come progetto politico ed è evidente anche ad un cieco il tentativo di volerlo trasformare in progetto puramente economico restringendone il dibattito a questo ambito.
Valerio ha detto:
Sono sinceramente terrorizzato dalla censura di uno che, evidentemente, non ha altri strumenti per indirizzare il dialogo. Del resto, se fosse vera la faccenda delle tre stupidaggini, per questo blog dovrebbe valere il detto di Sileno. Una volta si diceva che una risata vi seppellirà, e la tua reazione all’ironia mi sembra chiaramente sintomatica.
Nel post si afferma che Bagnai non ha capito la natura politica dell’euro; affermazione cui facilmente si risponde, come io ho fatto, citando un articolo che chiarisce come già un anno e mezzo fa il tuo incubo peggiore esplicitasse la natura essenzialmente politica dell’euro. La risposta è una filippica insensata di 1131 battute che ripercorre la vita del Bagnai e le sue presunte escursioni politiche. Hai dimenticato il periodo in cui faceva la spogliarellista a Las Vegas, sicuramente la parte più interessante. Sorvolerei sui dati, perché chi afferma che l’Economist è fonte di dati, e vieppiù affidabile del FMI non ha molto chiaro il concetto di dato. Del resto l’italiano è claudicante: e questo è un dato.
Facciamo un giochino semplice semplice. Domande chiuse con breve spazio per fonti e dati ad argomentare la risposta (attorno ai 144 caratteri sarebbe l’ideale). Comincio io, ti va?
1) Hai scritto tu che Bagnai non ha capito la natura politica dell’euro?
2)Bagnai ha scritto della natura politica dell’euro già nel 2011?
3)Il governo tedesco si è opposto all’ingresso nell’euro dell’Italia?
4)Il governo tedesco si è opposto ai salvataggi europei dei paesi periferici?
5)Le due opposizioni sono avvenute on la stessa forza e lo stesso risultato?
6)La bilancia commerciale tedesca è migliorata dopo l’euro?
7)La bilancia commerciale italiana è peggiorata dopo l’euro?
8)La bilancia dei pagamenti tedesca è aumentata dopo l’euro?
9)La bilancia dei pagamenti italiana è peggiorata dopo l’euro?
10)La Germania è il paese che è cresciuto di più durante il periodo dell’euro?
11)In Germania ci sono 7,5 milioni di contratti a meno di 450 €/mese di salario?
12)Gli investimenti tedeschi sono aumentati durante l’era euro?
Ci fermiamo a 12: numero evocativo e fortemente simbolico. Fammi sapere se ti va di giocare: questo prevede, però, che tu possa anche perdere.
Ars Longa ha detto:
Mettiamo alcune cose in chiaro:
a) è già stato avvertito in un precedente commento che quella che tu chiami “ironia” non viene considerata tale, più semplicemente maleducazione o atteggiamento da troll.
b) Quel che a lei sembra sintomatico non è di mio interesse. Perciò sarebbe stato gradevole non continuare a dare giudizi che non sono correlati a quanto si va scrivendo. Vizietto già rilevato in precedenza.
c) sull’Economist si può dire moltissimo, ma solo uno sprovveduto può ritenere che i dati che utilizza siano inaffidabili. Si può criticarne la linea (ed io sono tra i primi), ossia il modo in cui “cucina” i dati. Ma definire poco affidabili i dati che fornisce dal 1843 è accettabile soltanto in un’ottica da troll o, appunto, da sprovveduti.
d) Bagnai – lo ripeto – non ha capito la natura politica dell’Euro. E l’escursione nei suoi contorcimenti ideologici lo dimostra ampiamente. Perciò è tutt’altro che insensato ripercorrerne alcuni – noti – cambiamenti di rotta. Una volta presa coscienza della capacità di attrazione della questione “fuori dall’Euro” posta in modo da fascinare l’industrialotto e l’operaio (che nel suo intendimento dovrebbero marciare uniti contro la Germania traditrice) ha spinto su di un pedale che, mai in precedenza, aveva calcato.
e) giudicare se l’italiano dell’interlocutore è claudicante o meno è un atto da troll, che ciò sia vero o no. Un po’ come i bimbetti che correggono le virgole altrui. Tali correzioni poi sono quasi sempre dovute alla mancanza di comprensione voluta o frutto di una insufficiente lettura.
non sono qui per giocare con qualcuno e quindi tantomeno con lei.
In ogni caso per farle l’ultima cortesia (non dovuta) queste sono le mie risposte alle sue pseudo-domande (il cui numero ha caratteri evocativi e simbolici soltanto per lei).:
3 – Il governo tedesco e la Bundesbank si sono fortemente opposti all’entrata nell’Euro dell’Italia. Le modalità con le quali tale opposizione si è manifestata sono reperibili nel post e nel link che ne ricostruisce la storia. Volendo seguirla da fonti giornalistiche è sufficiente documentarsi ad esempio nell’archivio di “La Repubblica”.
4 – domanda mal posta. Il governo tedesco (insieme alla troika) ha proposto una sua ricetta neoliberista per evitare il default della Grecia. Tale ricetta è stata imposta anche a Portogallo e Spagna e, ovviamente, all’Italia. Il fatto che sia una ricetta fallimentare non autorizza a concluderne che vi fosse l’intenzione segreta di far fallire questi Paesi, semmai autorizza a riflettere sulla disastrosità delle teorie neoliberiste e sulla loro pervasività.
5 – domanda mal posta. Si confondono pere e mele. Si utilizza un termine vago come “intensità”, si comparano situazioni completamente differenti. Impossibile rispondere.
6 – La bilancia commerciale tedesca ha cominciato a migliorare e crescere costantemente a partire dal 1994, ben prima dell’Euro. Dopo il 2005 la crescita ha ulteriormente aumentato la sua velocità sino al primo semestre 2008 circa. Per due anni ha subito una brusca frenata riprendendo il trend nel 2011. Come si vede bene dai dati sull’export tedesco. Il 2005 per inciso è l’anno di introduzione di durissime riforme strutturali neoliberiste.
7 – L’Italia dal dopoguerra ad oggi (dati ISTAT) ha avuto la bilancia commerciale in attivo soltanto nel decennio 1993-2003. Dal 2009 al 2013 la nostra bilancia commerciale è cresciuta del 21%. Vediamo però l’equilibrio della bilancia commerciale italiana, ristretto agli scambi con la Germania: si è mantenuto positivo o in pareggio tra il 1971 ed il 1979. (periodo nel quale i cattivi tedeschi ci fanno un prestito che ci salva). Dal 1980 al 1991 circa le importazioni dalla Germania hanno sempre superato le esportazioni. I dati migliorano a nostro favore grosso modo tra 1992 e 1998. A partire dal 1999 il divario si accresce a favore della Germania. Esclusiva colpa dell’Euro (perché e qui che vuole arrivare)? Bisogna essersi ubriacati per sostenerlo. Ah dimenticavo …. l’idea è quella che la Germania stia vampirizzando l’Europa indifesa. Ma guarda caso la quota di export tedesco verso l’Eurozona è calato in modo più che significativo tra il 1991 ed il giugno 2012. I cattivi tedeschi stanno vendendo molto meno anno dopo anno ai partner della UE. Strano vero? Guadagnano sempre più fuori dall’Eurozona mentre tutti gli altri Paesi dell’Eurozona arrancano vistosamente nei loro commerci extra-Ue. Anche questo è strano e si fa fatica a farlo coincidere con le teorie dei cattivi tedeschi.
8 – Ovviamente è aumentata. Dal 1989 al 2000 la bilancia dei pagamenti tedesca era in rosso per 100-120 miliardi. Se preferisce un altro indicatore i Bund a dieci anni avevano un tasso del 5,5%. Dal 2001 al 2012 è passata ad un attivo di 1.791 miliardi (dato Bloomberg)
9 – Ovviamente è peggiorata e di molto (mi pare da un attivo di 54 miliardi ad un passivo di 380.
10 – “Cresciuto” secondo quali indicatori? Tutti? Alcuni specifici? Boh. Prendiamo i dati 2011 della crescita del PIL su base annua al netto dell’inflazione e espresso in percentuale. Estonia 8%, Lituania e Lettonia 6%, Polonia 4%, Austria, Germania, Finlandia, Romania 3%; Belgio e Francia 2%, Olanda, Spagna, Gran Bretagna 1% , Italia, Croazia e Slovenia 0, Portogallo -2%; Grecia -7%. A ma forse vuole una sertie storica? Secondo i dati EU il “real GDP” tedesco non è stato esaltante (-0,4% 2003; 1,2% 2004; 0,7% 2005; 3,7% 2006, 3,3% 2007, 1,1% 2008, -5,1% 2009, 4,2% 2010, 3,0 2011, 0,7 2012). Quindi direi no, non è quella che è “cresciuta” di più in termini di PIL rispetto agli altri partner dell’Eurozona. Diverso invece è se come indicatore preferisce usare Lo sviluppo delle partite correnti tedesche nei confronti degli altri stati membri dell’Eurozona. In questo caso la Germania è indubbiamente cresciuta basti dire che dal 2002 al Q1 2012 l’avanzo delle partite correnti con gli Stati Euro è di +824.014 miliardi di Euro.Ma a suo uso e consumo le specifico che di questi, 680.996 miliardi sono stati ottenuti con il Portogallo, l’Italia, la Grecia, la Spagna e la Francia. Un punto a favore dei tedeschi cattivi? Ne dubito.
11 – Immagino che lei si stia riferendo con questi dati agli occupati tedeschi attraverso il sistema del minijob introdotto dal programma Hartz che consente lavori pagati fino ad un massimo di 450 Euro esentasse. Per inciso con Hartz IV in generale i lavoratori tedeschi guadagnano meno di prima. Chieda ad un lavoratore tedesco se parole come, Ich-AG, Ein-Euro Job, Bedarfgemeinschaft, Aufstocker gli evocano qualcosa di piacevole. Il mercato del lavoro è stato ristrutturato in termini neoliberisti da dieci anni a questa parte. E le do un dato in più: pur in mezzo a questa ristrutturazione, governo e enti locali nel 2005 hanno messo a disposizione 45 miliardi di Euro in aiuti sociali. Quarantacinque, mica le noccioline italiane distribuite dai governi italiani che oramai basano il welfare state sui risparmi dei genitori usati per sostenere i figli.
12 – Gli investimenti tedeschi in quella che lei chiama “era Euro” (le piacciono le allitterazioni, lei sì che non ha un italiano carente, sarà mica espatriato in Svizzera?) sono stati decisamente insufficienti. Ma è una cosa nota. Der Spiegel ha ripreso recentemente i dati del DIW che dimostrerebbero una diminuzione continuata della spesa infrastrutturale (tanto che il suo amichetto o capo-setta come preferisce) ci ha fatto un post rimandando alla traduzione inglese online, probabilmente perché a lui il tedesco proprio non va giù). So benissimo a cosa vuole alludere con questa conclusiva domanda: i tedeschi stanno congiurando ai nostri danni frenando gli investimenti interni per mettercela in quel posto. Quindi sono sotto la media EU negli investimenti in infrastrutture per il periodo 2000-2010 ad esempio. Però è sotto la media anche la Francia, la Svezia, la Gran Bretagna per non parlare degli USA. Certamente nel 2012 la percentuale di investimenti pubblici lordi tedeschi in percentuale di PIL è stata dell‘1,5% e quella italiana dell‘1,9%. Se prendessimo i dati assoluti risultanti dubito che risulterebbe una spesa superiore italiana. Ma io, invece di leggerci la conferma di una congiura, ci leggo l’effetto delle politiche neoliberiste comuni a praticamente tutta Europa. E quando tuono contro i neoliberisti mi riferisco proprio a questi effetti.
La domanda 1 la considero una domanda retorica. Non merita risposta proprio per questa sua natura. La domanda 2 va riformulata come segue: “Bagnai ha scritto della natura politica dell’Euro SOLTANTO a partire dal 2011”? In tal caso la risposta è sì. Il che equivale a dire che se n’è accorto quando gli è convenuto accorgersene. Ma da un econometrista di vaglia uno si sarebbe aspettato una presa di coscienza ben precedente. Invece no, prima cos’era impegnato a frequentare convegni pagati e sponsorizzati dall’Unione Europea, con Romano Prodi ad aprire i lavori?
Abbiamo dunque terminato il nostro dialogo. Come ribadito nel post che ospita questo commento la storiella dei Tedeschi cattivi che ci hanno teso un trappolone è una teoria in stile Roswell. Ma è anche una teoria consolatoria: sgrava gli italiani dalle loro responsabilità (che non sono quelle di aver vissuto sopra i loro mezzi) ma quelle di aver accettato un modello neoliberista di cui l’Euro è parte. Modello che è stato messo a nudo da una crisi sistemica, da una ennesima mutazione del capitalismo. Nell’Euro non ci volevano e ci siamo voluti entrare per forza. E l’entrata nell’Euro è stata accompagnata da disastrosi governi berlusconiani alternati a governi che a Sinistra (forse) avevano solo l’orologio da polso. Se è vero come è vero che non abbiamo mai tassato le rendite finanziarie, che abbiamo permesso la privatizzazione di aree chiave del Paese, che abbiamo distrutto il mercato del lavoro, fatto a pezzi la dignità dei lavoratori e lasciato che in dieci anni venissero evasi 800 miliardi di euro recuperandone solo 69, allora con buona pace sua e del guru di Pescara da cui lei mutua acriticamente il pensiero, la colpa non è dei tedeschi. Ma nostra, soltanto nostra. Oggi lei e il suo guru vi fate portatori di un movimento di idee (so che è una iperbole) che, come ha notato Pasquinelli, si guarda bene dal prendere in esame il modello di sviluppo capitalistico, le sue contraddizioni, le crisi che genera. No: quello non lo toccate. Anzi auspicate l’unione, l’abbraccio tra salariati e padroni, in nome di un nemico che vi siete inventati: l’Euro, i Tedeschi oggi e chissà cosa domani. Tutto per tacere degli squilibri. Perché se Bagnai parlasse degli squilibri gli toccherebbe considerare i problemi connessi al conflitto tra capitale e lavoro. Ma Bagnai – e lei per mimesi – è un liberista esattamente (ma più ipocritamente) dei liberisti di Noisefromamerika (che Dio conservi Bisin che almeno è veracemente neoliberista senza paludamenti e con i piedi sulla scrivania). Perciò siccome Bagnai ci racconta (ed è la prima volta che sento dire una cosa del genere da un economista, almeno istituzionale) che lui Marx non l’ha letto perché aveva altre cose da fare, ci rifilerà a vita la favoletta che la crisi è puramente un riflesso degli squilibri delle bilance commerciali. Ci solleticherà l’amor patrio distribuendo il suo verbo sul ritorno alla moneta nazionale come necessaria purificazione che ci ricondurrà al gioco delle tre carte delle svalutazioni competitive. Ma non dirà mai una parola che sia in grado di mettere in dubbio la bontà e la validità del sistema in cui questa crisi si sta dipanando. A me non interessa “uscire dalla crisi” a me interessa e molto uscire da un sistema che crea le crisi. A me non interessa sentire i discorsi (che almeno erano scritti bene) scopiazzati da Anthony Giddens e messi in pratica da Blair che puntano a dimostrare che non c’è né destra né sinistra, non ci sono più lavoratori e imprenditori, e che mi indica falsi “nemici”. Di gattopardi pronti a cambiare tutto per non cambiare nulla ne ho visti parecchi. In genere il loro fine ultimo è guadagnarsi una notorietà, un prestigio e magari qualche soldo che altrimenti non avrebbero.
Caro Santoro, se ne torni da Bagnai, qui come si dice a Roma, non c’è più trippa per gatti.
Pingback: Gli italiani “macaroni” – terzapagina
barbara ha detto:
certo. Facciamo finta che le agenzie di rating siano tedesche. Che il progetto della Nato economica sia voluto dalla Germania, che il FMI e Draghi RISPONDA E FACCIANO IL VOLERE DELLA GERMANIA e non degli Usa.
Leggete i beneficiari dell’elenco delle PRIVATIZZAZIONI E DISMISSIONI dei primi anni novanta, CHI NE BENEFICIA?
Ma certo, i tedeschi. Il mondo va male? E’ colpa dei tedeschi. Per questo la cara e dolce NSA spiava ben 15 milioni di cittadini tedeschi. CI PROTEGGEVA da queste bestie no?
Attalì, lobbista francese disse che avevano escluso la clausola di uscita dal trattato di maachstricht. Ma no, solo la germania è colpevole. Gli altri? Tutte vittime innocenti di quei mostri.
L’Italia? E’ stata costretta a firmare quelle merde di trattati, altrimenti la Germania ci avrebbe bombardato vero?
Ah oggi è il quarto giorno di sciopero di quelli della findus. La proprietà è di un equity inglese. Infatti la cosa non infastidisce nessuno.
Allora, riprendo le parole di Lannes: A Londra, dai padroni d’Italia.
«L’unica cosa che mancherà all’Italia è una totale libertà politica» aveva sentenziato Winston Churchill nel 1945 al delegato di papa Pio XII.
Domandina: come mai UK non è nell’euro ma detiene la fetta maggiore della BCE?
La Germania è accusata di non voler dare soldi per il debito ai poveri paesi PIIGS.
Ma perché, sti soldi andrebbero ai poveri o alle banche? Pure la sinistra di Attac se ne è accorta che ben il 77% dei soldi dei contribuenti europei SONO ANDATI ALLE BANCHE? Chi l’ha deciso? La Germania? Ed allora come mai questa nazione non vuol cacciare i soldi? Ma voi scusate lo paghereste il debito del vostro vicino che piange miseria e poi si compra la Ferrari?
Ha senso chiedere soldi ai contribuenti tedeschi per far in modo che sò che l’Italia spenda per il TAV o spese militari? Abbiate pazienza.
O pensate che eventuali soldi dai tedeschi vadano a finanziare il reddito di cittadinanza? Suvvia non crediamo alle favole, almeno nella controinformazione per piacere.
Poi se ci fa piacere parare il sedere all’Inghilterra ed alle Banche è un altro discorso.
Ma come mai della genesi della direttiva del BAIL IN non si parla? Ah già, colpa della Germania.
I Banksters hanno scritto la direttiva UE per il bail-in
http://www.movisol.org/13news096.htm
ma tutti zitti su questo?
e questo?
Infatti, la legge presentata dalla Commissione EU nel 2012 e attualmente all’esame del Parlamento Europeo è la prova che la rapina di Cipro non è l’invenzione del governo tedesco ma piuttosto un’operazione a lungo pianificata da parte della Commissione EU.
tratto da http://movisol.org/13news057.htm
si dai FACCIAMO GUERRA AI TEDESCHI ( no le banche no, non c’entrano niente sono i tedeschi che tramite referendum han deciso l’austerity)…
sembra proprio che raccontar le favole funzioni bene.
Non si spiegherebbe altrimenti la nostra condizione
barbara ha detto:
preciso che il mio tono sarcastico non era affatto diretto all’autore di questo brillante articolo, ma a tutte le stronzate che passa il mainstream e molta contro informazione sul teorema “è tutta colpa dei crucchi”
Ars Longa ha detto:
Grazie per la precisazione avevo il dubbio di essermi spiegato ancora una volta male …..
dariaccio ha detto:
mha, per conto mio i capitali hanno in sè sia questo movimento centripeto che li fa aggregare nel loro momento particolare che chiamiamo stato nazionale sia il momento centrifugo, espansivo ed universale, con orizzonte mondiale, che chiamiamo imperialismo economico (che a volte si prolunga in bellico, storicamente sulla scorta di politiche economiche protezioniste, tipiche di stati a capitalismo -nascente o arretrato- che necessitano di sveltire la fase di accumulazione originaria )
è del tutto ovvio che in questa storia non si sono nè buoni nè cattivi, ma solo fazioni intercapitalistiche con interessi e strategie ora comuni ora diversi
è altrettanto conseguente che la potenza economica tedesca è, fin dal 45, stata oggetto di sorveglianza da parte dei suoi stessi alleati occidentali (USA e Francia in primis) . Ricordo bene gli accordi del Hotel Plaza del 85, ad esempio. Annacquare la concentrazione tedesca di tecnologia e capitale nel progetto europeo poteva essere un opzione buona per tutti, nel momento in cui la Rep Federale Tedesca metteva al lavoro e a profitto i consanguinei della DDR.
sollevAzione ha detto:
Ottimo l’articolo, chiediamo: possiamo pubblicarlo su sollevAzione?
Per niente peregrine, anzi pungenti, le osservazioni di Barbara. E certo che in campo imperialistico vi sono opposizioni, poi però ci sono le tendenze ricompositive.
Basta guardare alla roadmap che ha portato all’Unione monetaria per rendersi conti che il nocciolo duro strategico erano i paesi NATO. Allora c’era la guerra fredda e occorreva contenere l’Urss.
Per dire che tutto il processo eurista si è svolto sotto l’egida degli Usa, che aveva interesse a che i suoi satrapi europei non si azzannassero più e l’Unione fungesse da sponda della sua supremazia imperiale —il Regno Unito come longa manus.
Ars Longa ha detto:
Sì certo, pubblicatelo pure. All’ultima vostra considerazione aggiungerei un passaggio. La politica americana non fu – al momento delle discussioni sulla creazione dell’euro e poi successivamente – univoca. L’Euro presentava vantaggi e svantaggi per Washington. Se l’euro funziona come una specie di prolungamento del legame NATO ovviamente Washington è favorevole. Se l’Euro rappresentasse un blocco economico-politico distinto e autonomo gli USA avrebbero avuto maggiori riserve. La politica americana degli ultimi 15 anni ha mirato a usare euro e UE come un ulteriore strumento per legare a sé i paesi dell’ex-blocco sovietico già assorbiti nella NATO. Il che ha comportato l’avanzamento della linea delle basi di lancio nucleari. Tant’è che le principali e più moderne testate dall’Italia sono state trasportate in Ungheria. Dall’altra parte – per evitare che insorgesse la capacità politica di una “terza forza” alla De Gaulle, hanno favorito e sponsorizzato un allargamento veloce e squilibrante dell’UE che, e non sbagliavano i calcoli, sarebbe stata paralizzata dalla presenza di più di 20 stati aderenti.
dariaccio ha detto:
la Francia (se il nocciolo duro europeista è la coppia Germania-Francia) non è mai entrata nella Nato, De Gaulle ne faceva un punto politico centrale il difendere la propria autonomia e i propri interessi strategici. In campo imperialista ognuno gioca per sè, il resto è relativo.
Ars Longa ha detto:
Scusa se preciso: la Francia ha fatto parte della Nato dalla sua fondazione sino al 1966. Attualmente è rientrata nel comando inegrato a partire dal 2009.
dariaccio ha detto:
è vero, scusate l’imprecisione, a conferma della relatività di cui dicevo. la “perdita di sovranità” è una formula che nasconde la capacità o meno di conseguire obbiettivi strategici nella competizione sistemica da parte e in nome del interesse generale borghese
Alessio ha detto:
La risposta 7 alla domanda di Valerio è sbagliata. Non ha senso citare il trend delle esportazioni, citando un generico calo delle esportazioni tedesche nell’eurozona ed un presunto aumento delle stesse nei paesi fuori dall’eurozona. Ciò che conta è il saldo netto, ed i dati dimostrano che è esso ha registrato un notevole surplus nei confronti dei paesi dell’eurozona ed un deficit nei confronti dei paesi BRICS. Poi effettivamente, dopo il 2010, e quindi in seguito al parziale deprezzamento dell’euro, la Germania ha migliorato la sua posizione nei confronti dei BRICS. Resta il fatto che per quanto riguarda l’Italia l’euro c’entra eccome. Lo dice anche la commissione europea. http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/qr_euro_area/2010/qrea1_en.htm
Mi fanno sorridere quelli che se la prendono contro Bagnai, nel loro tentativo di darsi un’aria alternativa, spesso finiscono per sposare la tesi sbagliata, che spesso coincide con quel neoliberismo contro il quale si riempiono la bocca senza capire di cosa si tratta. Ho l’impressione che tendiate a negare il ruolo dei cambi rigidi nel quadro della strategia di egemonia neoliberista, che comunque, questo è vero, ha origini nell’economia reale. La liberalizzazione dei movimenti e l’adozione di cambi rigidi risponderanno o no a qualche esigenza? Forse servono per lasciar sfogare e “blindare” la crescente quota di risparmi che si è accumulata presso le classi più ricche di alcuni paesi a capitalismo avanzato e in alcuni paesi così detti emergenti? Inoltre, vi è mai capitato di leggere il programma dei partiti nazionalisti europei nel periodo dell’imperialismo, tra fine ‘800 e prima metà del ‘900? E’ preciso ed identico alla strategia mercantilista adottata dalla Germania ed in generale pacificamente accettata dal resto delle classi dirigenti europeee. Ma lo stesso discorso si può fare per il Giappone che poi non è così diverso dalla Germania.
Ars Longa ha detto:
Mi da l’impressione che lei non legga con attenzione quello che commenta e purtroppo non rilegga quello che scrive. Il suo rilievo non ha senso logico.
Ne ho piacere. In compenso mi ha restituito il favore facendo sorridere me con questo “ragionamento”
Appunto e siccome ha origini nell’economia reale non è frutto della strategia di egemonia neoliberista. Ma si rilegge quando scrive?
Sì mi è capitato e allora? Mi è sembrato anche molto vicino a quello che dice Bagnai, cosa ne vogliamo dedurre?
Alessio ha detto:
Non hai capito, il surplus della Germania (saldo netto) è esploso con l’euro, per cui non ha molto senso dire che tra il 1991 ed il 2010 le esportazioni tedesche sono diminuite nell’eurozona. Ripeto, ciò che conta è il saldo netto. Per il resto, non amo fare la parte dell’avvocato, comunque mi sembra davvero poco credibile etichettare come nazionalista una persona che auspica una sorta di “pareggio di bilancio” tra le bilance dei pagamenti dei vari paesi, promuovendo così un armonica divisione del lavoro tra i diversi stati e ponendo così le basi per una ripresa dei salari reali e della quota salari.
Ars Longa ha detto:
No, non ha capito LEI. Il tu su questo sito lei lo da a sua sorella, a suo padre o ai suoi amici. Quindi usi il lei sino a che non l’autorizzo a darmi del tu. Oppure torni da Bagnai o si faccia il suo blog.
Ma queste cose lei se le racconta davanti allo specchio? Che cosa vuol dire è “esploso” e quando e con quali percentuali qualcosa esplode o non esplode?
Bravo e indicando il rapporto tra Germania ed Italia non l’ho debitamente sottolineato? Vuole che le faccia una traduzione in turkmeno o si trova meglio con le lingue morte tipo l’assiro-babilonese?
Pingback: I TEDESCHI, CATTIVI CATTIVI | cogito ergo sum…penso dunque sono