Ho intenzionalmente lasciato la cura di queste pagine per un paio di mesi. Non c’era molto da dire e, soprattutto, non volevo intasare la posta di quelli che si sono iscritti con cose già dette da altri. Senza voler essere supponente le cose che avevo previsto più di un anno fa si sono realizzate. Siamo arrivati alla pressione sulla Spagna e, di conseguenza, sull’Italia. Il Portogallo ha fatto meno rumore di quanto pensassi ma oramai non è più un problema: con 972 punti di spread rispetto ai Bund tedeschi Lisbona è già, abbondantemente, morta sotto il profilo economico.

E dunque, cosa giustifica un ritorno con un nuovo post? Forse è il tempo di fare qualche previsione in più. Ed è il momento perché la parabola finale del governo Monti è cominciata. Non mi aspetto nulla da questo governo di “tecnocrati” totalmente distaccati dal mondo reale. Da settembre a febbraio del 2013 gestiranno come potranno il carrozzone che hanno creato. La loro funzione non è mai stata quella di portare il Paese fuori dalla crisi ma fare ciò che pensavano volessero i mercati. Nessuna delle riforme (poche) che sono state varate ha avuto un reale impatto sulla economia reale. Monti è già “passato” e, insieme a lui è “passato” il maggiore sponsor del suo governo ossia il Presidente Napolitano. Probabilmente questa nostra nazione non aveva mai avuto, nella sua breve storia repubblicana, un governo del presidente come lo abbiamo sperimentato in questi mesi. Ma è difficile e quasi impraticabile dare giudizi sull’operato di Napolitano. Non perché non si possa tecnicamente farlo ma, perché, sarebbe una sequenza di sdegno al quale voglio sottrarmi. Mi basta dire che forse non c’è stato, politicamente, peggior presidente di quello che oggi sta terminando il suo mandato.

Quali previsioni si possono fare per il prossimo futuro rimanendo all’Italia? Il quadro generale si sta pian piano chiarendo. Per capirlo dimenticatevi le sigle politiche, oramai non hanno più nessun senso. Uscite fuori da qualsiasi logica che vi faccia pensare a reali contrapposizioni partitiche: le differenze non passano per i nomi dei partiti. E di questo – secondo i sondaggi – se ne sono accorti anche gli italiani visto che, se oggi si votasse, l’astensione arriverebbe al 35%. Proviamo a ragionare diversamente. La crisi che stiamo vivendo è l’ultimo episodio di una storia iniziata negli anni Trenta dello scorso secolo. Allora un gruppo di economisti liberisti iniziò la scalata al potere armati di una ideologia (perché non si tratta solo e semplicemente di una teoria economica) in grado di stravolgere il mondo. Questa gente ha imposto in più di ottanta anni un pensiero unico che di fatto ha scardinato quelle difese erette per impedire ai “mercati” di regolare a loro piacimento la vita delle persone. I predecessori di questa gente avevano già portato il mondo occidentale al collasso economico prima nel 1873 e poi nel 1929. Oggi ci hanno riprovato. E gli esiti di questo nuovo tentativo sono ancora incerti ma le conseguenze per le persone sono sotto gli occhi di tutti.

Oggi i neo-liberisti armati di una teoria controversa e responsabile della crisi stanno definitivamente minando le basi stesse della democrazia occidentale. L’attacco al cuore dello Stato (inteso come istituzione) è il vero significato di questa crisi. Ma poiché si tratta di un attacco diffuso e pervasivo non è neppure possibile chiamarlo complotto e nessuna teoria del complotto funzionerebbe. Non si tratta di un complotto infatti, è piuttosto il deliberato tentativo di costruire un mondo diviso tra ricchi e poveri, tra espulsi e integrati, con una facciata democratica volta soltanto a rassicurare le persone.

Il dopo Monti, come qualsiasi altro dopo, in qualsiasi altro Paese non sarà la lotta tra una Sinistra e un Destra, ma la lotta tra questi distruttori della convivenza tra le persone e coloro che ancora credono che il mercato da solo, senza regole sia solo fonte di impoverimento di molti e di arricchimento per pochi. La crisi della politica non è solo crisi di credibilità, è soprattutto crisi di identità. Sia a Destra che a Sinistra vi sono neoliberisti, sia a Destra che a Sinistra vi sono coloro che hanno una idea diversa dell’economia. Vi è una trasversalità che manda all’aria le sigle tradizionali. La battaglia si gioca non su le divisioni tradizionali ma sul modo di intendere la natura dei beni essenziali, la loro disponibilità, la loro regolamentazione e il loro uso. In Italia la questione dell’acqua è stata rivelatrice. Nel PD come nel PDL c’erano e ci sono idee trasversali che permettono di vedere – ad esempio proprio nei beni essenziali e non disponibili – una fonte di profitto.

Certo appare evidente (e forse più scandaloso) che sia il PD il partito che più chiaramente mostra questa trasversalità interna. Oggi nel partito che si proclama di centrosinistra convivono i peggiori sostenitori del neoliberismo con altri che invece pensano sia pericoloso lasciare il governo della cosa pubblica in mano ai neoliberisti. Quando sarete spettatori delle cosiddette “primarie” in quel partito ricordatevi che la lotta sarà tra quelli di una fazione e quelli di un’altra. Altre ragioni di divisione non ci sono. Ma se è evidente tutto ciò nel PD lo è anche negli altri partiti soltanto con meno chiarezza forse.

Ciò che è angoscioso è che la partita è così complicata che spiegarla ai cittadini è cosa complessa e, proprio, sulla scarsa intelligibilità giocano la loro partita i neoliberisti. Che in Italia hanno gettato la maschera. E’ di pochi giorni fa l’annuncio di un nuovo partito che dovrebbe essere guidato addirittura da Oscar Giannino. Un nuovo partito che raccoglierebbe i neoliberisti più esposti, dall’Istituto “Bruno Leoni” agli emigrée di lusso di NoiseFromAmerica. Su Giannino non ho niente da dire, l’assenza di stima che ho per la persona mi impedisce di articolare una critica. Sulla brigata d’assalto di NoiseFromAmerika direi solo che hanno dimostrato di essere parte di quei vizi italici che tanto rimproverano agli altri. Alla loro nascita dichiarararono gonfiando il petto che mai e poi mai sarebbero diventati politici (che la stessa parola dava loro fastidio). Ma ora, di fronte al dovere di salvare il Paese, si vedono costretti a farlo. Vecchio discorso, consunto e già sentito. La parabola ascendente verso la politica l’avevano cominciata da tempo stando bene attenti a chi pestare i piedi e a chi lasciar stare nei loro (finti) attacchi al vetriolo. Ma almeno (ma non potevano fare altrimenti) si rendono evidenti. E forse arruoleranno tutto quel “partito dei padroni” da Montezemolo alla Marcegaglia che non hanno saputo trovare il tempo giusto per mettersi politicamente in proprio.

E dunque la previsione è questa: l’atto finale della crisi è il tentativo di prendere in mano le leve del potere politico e chiudere il cerchio. I prossimi mesi saranno i mesi dell’assalto finale ai diritti delle persone e al futuro. L’esito finale sarà deciso dal livello di consapevolezza degli elettori. E, perciò non sono ottimista.